Francia, scrive un detenuto

Francia, in una lettera del compagno di cella la verità sulla morte di Daniele Franceschi

La madre del giovane di Viareggio: "Ecco le prove. L'hanno lasciato morire"

21 Lug 2011 - 09:52
 © Ansa

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E’ passato quasi un anno dalla misteriosa morte, in un carcere francese, di Daniele Franceschi. La madre del ragazzo, Cira Antignano, non si è mai arresa e da quel drammatico giorno cerca una verità che per tutti questi mesi è sembrata voler rimanere tra le mura della prigione di Grasse. Ora però emergono nuovi dettagli grazie a una lettera che il compagno di cella di Daniele ha scritto alla donna.

“Io e Daniele eravamo diventati molto amici, eravamo nella medesima cella, ho passato con lui 24 ore su 24 dal giorno che sono arrivato al giorno che purtroppo è deceduto - scrive Manuel alla mamma di Daniele – Sono stato al suo fianco nei giorni precedenti al suo decesso quando lamentava il dolore alla mano, al braccio. Ho preso per notti intere a calci la porta della cella per chiamare il guardiano di turno e sollecitare un soccorso. Il risultato è sempre stato nullo”.

Cira Antignano, leggendo la lettera, torna a chiedere a gran voce giustizia: “L’hanno lasciato morire. Ma non era una bestia, era un cristiano”. Nelle righe scritte da Manuel, secondo la donna, ci sono le prove: “Il procuratore di Grasse – scrive il detenuto – mi ha ai tempi minacciato di chiedere una grossa pena per il mio processo qualora avessi testimoniato”.

Il giovane, che già un anno fa scrisse una lettera alla mamma di Daniele mai recapitata, non ha intenzione di tirarsi indietro e, da oggi, è al fianco di Cira Antignano: “Sappia che Daniele era un mio amico e per lui andrò fino in fondo. Sono a totale disposizione per tutte le iniziative che vuole prendere. Farò in modo che i reali responsabili paghino tutto quello che meritano”.

Manuel, dal carcere di Grasse, ha messo in contatto Cira Antignano con la propria madre: “Non risponda a me perché qui ci leggono e rischio che non me la consegnano ma può chiamare e rimanere in contatto con mia madre che conosce la vicenda e provvederà a dirmi ciò che lei necessita per la procedura. Sappia che posso ottenere tutte le testimonianze di altri detenuti. Questo Paese ci ha fatto troppo male”.

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