Nell'interrogatorio dal carcere di Cagliari il ras delle coop, attraverso il "sentito dire", tira in ballo il sindaco Marino e il governatore Zingaretti
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E' attraverso il "sentito dire", senza fornire elementi circoscritti, che Salvatore Buzzi tira in ballo diversi politici. Il re delle cooperative, figura-chiave della maxinchiesta della procura di Roma su Mafia Capitale, nelle 12 ore di interrogatorio del 23 e 24 giugno parla di "tangenti su metà del valore delle gare". Da "dominus" del sistema, come lo ritiene l'accusa, vuole dimostrare di essere un imprenditore costretto a pagare pur di lavorare.
"Per fini nobili ho fatto cose ignobili. Ora sono pronto a fare chiarezza su tutte le forme di corruzione che conosco, che ho praticato e che ho subito", si legge nei verbali dell'interrogatorio svolto nel carcere di Cagliari. Il braccio destro e sodale di Massimo Carminati ammette tutto ciò cui lo inchiodano le intercettazioni e risparmia l'ex sindaco di Roma Gianni Alemanno che "non sapeva delle tangenti".
Buzzi poi definisce la geografia delle corruzione nel gruppo consiliare Pd che ha sostenuto la giunta dell'attuale primo cittadino Ignazio Marino e muove accuse all'entourage del governatore della Regione Lazio Nicola Zingaretti. "Hanno preso soldi", sostiene e fa il nome di Peppe Cionci (imprenditore che ha già querelato Buzzi, ndr). "Gravita intorno a Zingaretti, è il suo uomo, tiene le sue cose economiche. E' l'uomo dei soldi", aggiunge Buzzi.
Zingaretti: "Solo fango, menzogne per delegittimarmi" - Il governatore, dal canto suo, ha già annunciato che querelerà Buzzi: "Non esiste e non può esistere nessuno che chiede soldi per me". "Fa affermazioni confuse riportate per sentito dire, con l'obiettivo di apparire come vittima di un sistema corrotto. Non posso più accettare di essere vittima della macchina del fango messa in moto da Buzzi. Non posso più accettare menzogne e bugie che tentano di delegittimarmi pubblicamente", sottolinea Zingaretti.