Il sacerdote, arrestato a giugno, invia una lettera al Papa nel quale spiega di essere estraneo alle accuse e di poter invece, con la documentazione in suo possesso, aiutare il Pontefice a fare pulizia
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"Santo Padre Francesco, io non ho mai riciclato denaro sporco, non ho mai rubato, ho cercato di aiutare chi chiedeva aiuto". Così scrive, in una lettera al Papa, monsignor Nunzio Scarano, in carcere a Regina Coeli per lo scandalo Ior. Scarano riferisce anche di aver chiesto aiuto al cardinale Dziwisz, segretario di Giovanni Paolo II "e udienza al cardinale Sodano", che però non lo ricevette.
Nella missiva il prelato (arrestato a fine giugno insieme a un ex agente dei servizi segreti e a un broker finanziario nell'ambito di un'inchiesta sul tentativo di rimpatriare illegalmente 20 milioni di euro dalla Svizzera in Italia) afferma anche che la documentazione in suo possesso può aiutare il Pontefice a riordinare "la triste realtà amministrativa, economica e finanziaria della Santa Sede".
"Circa la documentazione in mio possesso, presso i miei legali, è prova della mia onestà e di tutte le battaglie fatte contro l'abuso dei miei superiori laici, ben coperti e protetti da alcuni signori cardinali che erano e sono rimasti come i 'famosi scheletri negli armadi' e ben ricattati, usati e gestiti dai miei 'superiori laici'", scrive nella lettera, che porta la data del 20 luglio ed è stata diffusa dai legali del religioso.
"Santità - prosegue - non voglio approfittare della sua bontà, spero solo di poterle consegnare 'segretamente' il mio plico di documenti che comprovano quanto detto e rafforzano fortemente il Suo grande e coraggioso operato per riordinare 'finalmente' la triste realtà amministrativa, economica e finanziaria della Santa Sede e tutti gli abusi annessi e connessi".
Nella missiva il religioso spiega anche di aver usato i propri conti Ior (congelati il 9 luglio dalle autorità giudiziarie del Vaticano) "sotto consiglio della direzione dei signori dirigenti e giammai ho abusato di cortesie o cose di altro genere". E, scrive, "io presso l'Apsa (l'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, ndr) Sez. straordinaria ero l'unico prete e ben poco mi era consentito fare".