IL CASO DI D'ANGELO

L'ex dipendente di Banca Etruria: "Ho il suicidio di Luigino sulla coscienza"

Parla al quotidiano Repubblica uno dei promotori finanziari che vendevano le obbligazioni rischiose: "La banca ci obbligava a mentire ai clienti"

12 Dic 2015 - 14:36

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"Ho Luigino sulla coscienza, gli ho venduto le obbligazioni rischiose perché obbligato dalla banca". Parla a Repubblica un ex dipendente di Banca Etruria che ammette come l'istituto, fallito e salvato dallo Stato, spingeva a far acquistare i titoli ad alto rischio ai propri correntisti. "Nei primi fogli c'era scritto basso rischio, poi diventava alto", dice l'uomo parlando di Luigino D'Angelo, il pensionato suicida per aver perso 100mila euro.

Un documento di 60 pagine che nessuno legge - Marcello Benedetti non lavora più a Banca Etruria, è stato licenziato un anno fa a causa di un procedimento penale pendente. Ora monta caldaie a Civitavecchia e confida a Repubblica il suo tormento, l'aver venduto quello strumento finanziario rischiosissimo che ha portato al suicidio Luigino D'Angelo. "E' stato uno dei primi clienti ai quali ho proposto l'investimento", dice quasi commosso al cronista, "firmò il questionario che sottoponevamo, nelle prime pagine c'era scritto 'investimento a basso rischio' poi in quelle successive il rischio diventava alto ma era un carteggio di 60 pagine che nessuno leggeva".

"L'ordine della banca: vendete le obbligazioni" - Ma loro, i promotori delle filiali, lo sapevano che quelle obbligazioni non erano un investimento adatto a gente che perlopiù si affidava ai Bot. "Avevamo l'ordine di convincere quanti più clienti possibili, ogni settimana dovevamo presentare i report per vedere se raggiungevamo gli obiettivi fissati". Ed era una gara contro il tempo, chi non raggiungeva i target veniva pesantemente richiamato dalla direzione.

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