Secondo un 'indiscrezione del "Corriere della Sera", confermata da fonti vicino all'inchiesta, il governatore lombardo avrebbe ricevuto mezzo milione di euro di finanziamenti illeciti da Daccò
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Mezzo milione di euro per la campagna elettorale del 2010 e una serie di benefit di ingente valore (case, yacht, vacanze, cene): sono queste le accuse che la Procura di Milano ha rivolto al presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni. Il governatore respinge le imputazioni ma annuncia: "Se tutto questo venisse dimostrato mi dimetterei".
"Ok dimissioni se si provano le accuse"
"Ho sempre detto che queste accuse sollevate su di me sempre e solo sui giornali sono false e che se qualcuno dimostrasse che ho portato vantaggi a Daccò (il faccendiere in carcere dal novembre scorso, ndr) mi dimetterei". La dichiarazione è stata fatta dal numero uno del Pirellone in un'intervista a Tgcom24. Formigoni ha anche precisato che le accuse andrebbero dimostrate "in maniera inoppugnabile" e che "non basta scriverlo sui giornali".
L'indiscrezione di Formigoni indagato, lanciata dal "Corriere della Sera", troverebbe conferma da fonti vicino all'inchiesta.
"Un attacco contro di me"
"Io indagato? La notizia ad oggi è destituita di fondamento", ha detto Formigoni che ha dichiarato di non essere "per nulla informato di tutto ciò". "E' un attacco a me e alla Regione", ha proseguito rispondendo così all'ipotetica iscrizione nel registro degli indagati sui presunti finanziamenti illeciti ricevuti dal faccendiere Daccò. "Provo serenità e tranquillità d'animo, non solo oggi ma sempre".
"Mi aspetto una smentita su stampa"
"Ho dato mandato al mio difensore di fiducia di prendere contatto con la procura e fare piena luce su questa vicenda - ha aggiunto Formigoni -. Siccome conosco il direttore De Bortoli e so che è una persona seria mi aspetto che ci sia immediatamente una smentita sul sito del giornale e domani in prima pagina sia pubblicata una rettifica" per chiarire i contorni della vicenda.
"Anche se indagato non mi dimetterei"
"Non mi dimetto perché le cose che mi sono contestate sono insussistenti" ha sostenuto il presidente della Regione Lombardia. "Non mi dimetterò perché nulla sussiste contro di me e se fosse avviata un'indagine non mi dimetterei lo stesso perché avrei raggiunto lo status di altri miei colleghi indagati che, correttamente, non si dimettono".
"Non ho ricevuto avvisi, quindi non sono indagato"
E comunque, il governatore ribadisce di non aver avuto nessuna notizia di indagine. "Non ho ricevuto alcun avviso di garanzia e, quindi, non sono indagato - dice -. Sono certo che in Procura a Milano non ci sia un magistrato che si macchi di una colpa così grave, cioè di informare il 'Corriere della Sera' e non il sottoscritto, perché sarebbero state violate le garanzie costituzionali che tutelano ogni persona. Chi sostiene questa tesi mi dica il nome di questo magistrato e lo denuncerò subito per aver violato le norme più elementari del diritto".
A Tgcom24: "Mi dimetto solo se saranno provati aiuti a Daccò"
"Non ho ricevuto alcun avviso di garanzia. Queste notizie sono del tutto false e prive di fondamento". "Mi dimetterò - ha precisato ancora Formigoni a Tgcom24 - solo se verrà dimostrato che ho portato qualche vantaggio a Daccò e viceversa". "Non ho mai ricevuto alcun finanziamento da nessuno e neppure dalle persone di cui parla il Corriere. Sono solo informazioni risibili e ludiche. Non è la Procura che deve smentire, perché non ha inviato alcun avviso di garanzia, è il Corriere che deve smentire. Se così non sarà, metterò in atto tutti i percorsi a tutela della mia onorabilità e chiederò i danni ai giornalisti".
"Sono solo fantasie di romanzieri che cercano di spacciarle per verità - ha quindi spiegato Formigoni -. Tirano fuori delle menzogne che io ho già dimostrate come false. Sono sereno davanti ad attacchi strumentali e infondati. Nel caso una qualunque Procura in Italia ritenesse di indagare Formigoni, va bene, mi troverei come altri Governatori colleghi, di sinistra, e che sono legittimamente in carica, perché l’avviso di garanzia è solo un’ipotesi di reato che poi va dimostrata. Quindi Errani, Vendola, De Magistris hanno fatto benissimo a non dimettersi. Mi dimetterò solo se verrà dimostrato che ho portato qualche vantaggio a Daccò e viceversa. Daccò non ha tratto alcun vantaggio dalla sua amicizia con me né io da lui. È in atto un tentativo di abbattere la Giunta di centrodestra di Formigoni, dopo aver abbattuto il governo Berlusconi".
Inchiesta partita dal San Raffaele
Formigoni sarebbe indagato nell'inchiesta della Procura di Milano sui 70 milioni di euro che il polo privato della sanità Fondazione Maugeri ha pagato negli anni al consulente-mediatore Pierangelo Daccò. Le ipotesi di reato, riporta il quotidiano, sarebbero due: corruzione per la somma dei benefit ricevuti da Daccò e finanziamento illecito per oltre mezzo milione di euro relativi alle elezioni regionali 2010.
Il finanziamento elettorale illecito, precisa il Corriere della Sera, sarebbe provenuto da un'azienda sanitaria privata in vista della campagna di Formigoni per le Regionali lombarde. L'ipotesi di reato di corruzione farebbe invece riferimento ai molteplici benefit di ingente valore patrimoniale - vacanze, soggiorni, utilizzo di yacht, cene di pubbliche relazioni a margine del Meeting di Rimini, termini della vendita di una villa in Sardegna a un coinquilino di Formigoni nella comunità laicale dei Memores Domini - messi a disposizione del governatore dal mediatore Pierangelo Daccò.
"Delibere della giunta a favore della Maugeri"
Ci sono anche alcune delibere varate dalla Giunta regionale nel corso degli anni "nell'interesse" della Fondazione Maugeri alla base delle accuse mosse dalla Procura di Milano. In particolare i pm milanesi sono arrivati ad ipotizzare nei confronti del governatore la corruzione anche analizzando una serie di provvedimenti "complessi" che hanno ritoccato al rialzo i drg e che hanno riguardato alcune strutture sanitarie tra le quali rientrava l'ente con sede a Pavia. Questi provvedimenti approvati dalla Giunta Formigoni hanno cominciato ad essere affrontati negli ultimi interrogatori e, in particolare, da quanto si è saputo, in quelli resi da Costantino Passerino, l'ex direttore amministrativo della Fondazione arrestato lo scorso 13 aprile assieme, tra gli altri, all'ex assessore regionale (nei primi anni '90) Antonio Simone, amico personale del governatore come Daccò.