Il reato "contrario alla pubblica decenza" risale a 11 anni fa. L'insegnante di Bergamo all'epoca versò una multa di 200 euro. Oggi viene fatto decadere dopo aver firmato il falso in un'autodichiarazione al ministero, affermando di non avere riportato condanne
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Una notte di undici anni fa fece pipì in un cespuglio alle due di notte in un paese sperduto, Averara, una valle laterale della Val Brembana (Bergamo). Per quel reato Stefano Rho, 43 anni, insegnante a Bergamo, oggi viene licenziato poco dopo essersi conquistato il posto di ruolo. Imputato di atti contro la pubblica decenza, all'epoca ricevette duecento euro di multa, subito pagati senza neanche fare ricorso. Tutto finito? Macché. Oggi la punizione.
Perché risulta che il 2 settembre 2013 il professore, come racconta Gian Antonio Stella sul "Corriere della Sera", firma per il ministero un'autodichiarazione dove dice "di non aver riportato condanne penali e di non essere destinatario di provvedimenti che riguardano l'applicazione di misure di sicurezza e di misure di prevenzione, di decisioni civili e di provvedimenti amministrativi scritti del Casellario giudiziario ai sensi della vigente normativa".
Ma dal passato non si scappa. Solo tre mesi dopo il dirigente scolastico fa sapere al professore che è stato effettuato un controllo e su di lui c'è un "decreto penale passato in giudicato". Il professore gli spiega tutto, il dirigente capisce che non è il caso di fare i duri su una questione di questa natura e applica il minimo: la censura.
Peccato che la Corte dei Conti, nonostante la risibilità della condanna, questa volta non chiuda nessun occhio, anzi: quel reato non prevede neanche l'iscrizione nella fedina penale, che infatti è pulita e non è un "motivo ostativo" per essere assunti nella pubblica amministrazione. Nonostante tutto questo, i giudici fanno la voce grossa con le autorità scolastiche e impongono loro di licenziare Rho. Detto, fatto. Il professore viene cacciato, perde tutte le anzianità accumulate e viene cancellato da tutte le graduatorie provinciali. Per aver fatto pipì in un cespuglio una notte di tanti anni fa.