ALL'ASTA NEL DEEP WEB

Milano, modella sequestrata e chiesto riscatto: liberata da polizia

Il rapitore, un polacco, ha chiesto 300mila sterline di riscatto per non metterla in vendita sul deep web. L'ipotesi di un gruppo organizzato che "commercia" schiave del sesso

05 Ago 2017 - 19:23
 © ansa

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E' una storia da incubo quella vissuta da una 20enne modella britannica che è stata sequestrata per una settimana, ammanettata mani e piedi. Il suo carceriere, un polacco, ha chiesto un riscatto di 300mila sterline minacciando di mettere la ragazza "all'asta" nel deep web. Salvo poi decidere di liberarla ed essere arrestato al momento del rilascio. Si indaga su suoi contatti con un pericoloso gruppo organizzato denominato "Black death" ("Morte nera").

Tutto è cominciato l'11 luglio quando la protagonista della vicenda è stata attirata a Milano per un finto (ma lo ha scoperto suo malgrado dopo) set fotografico. Atterrata a Linate si è subito diretta in via Bianconi 7, in zona Navigli. Qui la ragazza ha trovato in un appartamento il set organizzato da quello che sarebbe diventato il suo carceriere. Herba Lukasz Pawel, cittadino polacco di 30 anni, con l'aiuto di un'altra persona, l'ha prima drogata poi, ammanettata mani e piedi e con dello scotch sulla bocca, l'ha stata rinchiusa in un borsone da viaggio e caricata nel bagagliaio di una macchina, direzione Lemie, frazione di Borgial, sui monti torinesi verso la Francia. Il sequestratore aveva scelto un anonimo casolare nella valle, raggiunto dopo un viaggio di circa 3 ore, lungo strade provinciali per evitare di essere intercettato in qualche modo.

Lì ha tenuto la donna, ammanettata, per sei giorni, prima di decidere di consegnarla a Milano al Consolato inglese. Durante la prigionia, l'uomo con account criptati mandava mail dal deep web (l'Internet parallelo dove si commercia illegalmente) all'agente della modella chiedendo un riscatto iniziale di 300mila sterline per evitare di mettere all'asta on line la ragazza. Resta da capire la misteriosa decisione del polacco di rilasciare la donna. Il 17 luglio libera la ragazza adducendo come motivazione il fatto che la sua rapita aveva un figlio di due anni e le sue "regole" escludevano la vendita di madri. Ma prima di rilasciarla l'ultima minaccia: "Non parlare con nessuno, fammi avere 50mila euro o ti eliminiamo".

Il polacco porta quindi la 20enne al consolato britannico dove intende depositarla per poi fuggire. Non sa però che lì ci sono gli uomini della Squadra Mobile ad attenderlo. Qui finisce l'incubo della modella e inizia la fase processuale perché i pm Ilda Boccassini e Paolo Storari chiedono l'incidente probatorio per interrogare subito i protagonisti e cristallizzare i ricordi, soprattutto della vittima.

Il dna fornisce delle prove schiaccianti: il capello della vittima trovato nel bagagliaio del fermato assieme ovviamente alle sue tracce, i riscontri tossicologici nel sangue della modella con tracce di ketamina (farmaco usato per stordire i cavalli), i telefoni e computer che dimostrano come l'annuncio e le richieste di denaro siano partiti dai dispotivi del polacco e infine le foto della casa-lager che immortalano la 20enne ammanettata e stordita. Il polacco continua a negare di aver rapito la ragazza, pur confermando di essere stato con lei nel casolare, ma ha fornito una versione diversa dei fatti, non diffusa dalla Procura.

 La paura è che il gruppo "Black death" non sia solo una leggenda metropolitana. Forse esiste davvero un'organizzazione che rapisce ragazze e le mette in vendita sul web. Forse non si tratta più di finzioni cinematografiche e allora c'è di che aver paura davvero.

Il polacco è "un mitomane pericoloso" - Gli inquirenti definiscono il polacco persona pericolosa disposta a effettuare "soluzioni finali" come killer a pagamento e come operatore di un'organizzazione attiva sul deep web. "E' un soggetto affetto da mitomania - ha detto in conferenza stampa il sostituto procuratore della Dda Paolo Storati - ma è anche pericoloso perché ha drogato la vittima per poi rinchiuderla in un sacco per ore".

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