Il tempismo e il coordinamento con il quale le diverse sigle sono intervenute per caricare i disperati del mare fanno pensare a rapporti con chi organizza i viaggi della speranza
Le procure di Catania e di Palermo hanno aperto due indagini conoscitive sulle operazioni di soccorso condotte nel Mediterraneo da un gruppo di Ong. Come riporta "Il Giornale", il sospetto è che alcune delle navi solidali impegnate nel salvataggio dei migranti abbiano avuto contatti con gli scafisti. Il tempismo e il coordinamento con il quale le diverse sigle sono intervenute per caricare i disperati del mare, fanno pensare infatti che le partenze e i movimenti dei gommoni fossero loro note prima ancora della partenza. I due fascicoli sono stati istruiti dopo le segnalazioni dello Sco, il Servizio centrale operativo della polizia.
Come rilevato da Frontex, l'agenzia governativa che si occupa di coordinare la sorveglianza dei confini europei, l'intervento delle navi solidali è cresciuto dal 5 per cento dei salvataggi al 40 per cento. Negli ultimi mesi del 2016, gli interventi delle Ong sono stati addirittura superiori a quelli condotti dalla sala operativa militare.
Alcune delle organizzazioni coinvolte come Medici senza frontiere hanno già negato collusioni con gli scafisti e precisato che i fondi utlizzati per coprire le spese di intervento sono del tutto puliti e arrivano da donazioni private. Ma secondo gli inquirenti, anche in assenza di lucro ci sarebbero profili da chiarire e dubbi sulla legalità di alcune Ong e sui loro rapporti con chi organizza i viaggi della speranza che partono dalle coste africane.
Come rileva sempre "Il Giornale", accanto alle sigle più famose come quella di Medici senza frontiere e Save the children, sono proliferate anche altre sigle più piccole come Moas, Boat Refugee Foundation, Jugend Rettet, Sea Watch, Sea-Eye e Proactiva Open Arms. Un totale di otto sigle che mettono in campo quattordici navi e un aereo che vanno ad affiancarsi ai mezzi militari italiani ed europei.