Catania, il giovane aveva dichiarato la sua omosessualità alla visita di leva
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I ministeri della Difesa e dei Trasporti dovranno versare 20mila euro come risarcimento a Danilo Giuffrida, 28 anni, nei cui confronti fu avviato l'iter di sospensione della patente di guida dopo che alla visita di leva aveva detto di essere omosessuale. Lo ha deciso la Corte d'appello di Catania che ha confermato la sentenza di primo grado emessa nel 2008. Il risarcimento, che era stato fissato a 100mila euro, è stato ridotto a 80mila euro.
Contro questa sentenza ha presentato ricorso in Cassazione il legale di Giuffrida, l'avvocato Giuseppe Lipera, chiedendo l'annullamento della sentenza di secondo grado, con rinvio a altra Corte d'appello per "omessa motivazione, illogità e erroneità nella quantificazione del danno morale".
La vicenda prese avvio dalla visita di leva. Ai medici di Augusta Giuffrida dichiarò la sua omosessualità. L'ospedale militare informò la Motorizzazione civile che il giovane non era in possesso dei "requisiti psicofisici richiesti" e gli sospese la patente di guida in attesa di una revisione all'idoneità. Giuffrida, tramite l'avvocato Giuseppe Lipera, presentò ricorso al Tar di Catania che sospese il provvedimento osservando che l'omosessualità "non può considerarsi una malattia psichica".
Equality Italia: "Avere giustizia è possibile"
"Fa bene Danilo Giuffrida a ricorrere in Cassazione rispetto alla sentenza della Corte d'Appello di Catania": così Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia, commenta la notizia della conferma della condanna per i Ministeri della difesa e dei trasporti.
"In questo paese, dove i diritti civili delle persone omosessuali, ma anche dei migranti, dei disabili, delle donne e di tante altre persone sono giornalmente calpestati - aggiunge Mancuso - sono necessarie sentenze esemplari, che devono essere un monito a difesa delle affermazioni contenute nella Costituzione. Solo in Italia può accadere, come ha dovuto subire Giuffrida, che si sospenda la patente di guida in quanto gay. Sono stati lesi il diritto alla riservatezza, alla dignità, alla parità di trattamento, e solamente la determinazione di Giuffrida e del suo avvocato hanno permesso comunque di arrivare a una sentenza che conferma il danno subito e la responsabilità delle amministrazioni dello Stato".