La Procura di Palermo ha presentato richiesta di rinvio a carico di 12 indagati tra i quali l'ex presidente del Senato, Nicola Mancino, il senatore Pdl, Marcello Dell'Utri, i capimafia corleonesi, Totò Riina e Bernardo Provenzano, il generale dei carabinieri, Mario Mori. Ma il procuratore capo, Francesco Messineo, non l'ha firmata
© LaPresse
Nell'ambito dell'indagine sulla trattativa tra Stato e mafia, la Procura di Palermo ha presentato richiesta di rinvio a carico di 12 indagati tra i quali l'ex presidente del Senato Nicola Mancino, il senatore del Pdl Marcello Dell'Utri, i capimafia corleonesi Totò Riina e Bernardo Provenzano, il generale dei carabinieri Mario Mori. La richiesta, non ancora formalmente inoltrata al Gip, non è stata firmata dal procuratore Francesco Messineo.
Ma il procuratore capo non firma l'istanza
La richiesta di rinvio a giudizio è stata firmata dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia e dai pm Nino Di Matteo, Lia Sava e Francesco Del Bene e vistata, ma non firmata, dal capo dell'ufficio, il procuratore Messineo. La sottigliezza tecnica potrebbe manifestare una non piena condivisione da parte del capo dell'ufficio delle conclusioni cui sono giunti i magistrati titolari del fasciolo.
Dodici richieste di rinvio
Sono dodici le persone per le quali è stato chiesto il rinvio a giudizio: i capimafia Totò Riina, Giovanni Brusca, Nino Cinà, Leoluca Bagarella e Bernardo Provenzano. Il processo verrà richiesto anche per il figlio dell'ex sindaco Vito Ciancimino, Massimo, per il generale dei carabinieri, Mario Mori, per l'ex capitano dell'Arma, Giuseppe De Donno e per l'ex capo del Ros, Antonio Subranni. L'istanza riguarda, inoltre, l'ex ministro dell'Interno, Nicola Mancino, il senatore del Pdl, Marcello Dell'Utri e l'ex ministro Calogero Mannino.
Pesanti accuse
Gli imputati sono accusati a vario titolo di violenza o minaccia a corpo politico dello Stato e concorso in associazione mafiosa. Mancino risponde di falsa testimonianza e Ciancimino, oltre che di concorso in associazione mafiosa, di calunnia.
Mancino: "Dimostrerò la mia estraneità"
La prima reazione è di Nicola Mancino. "Preferisco - afferma l'ex ministro dell'Interno - farmi giudicare da un giudice terzo. Dimostrerò la mia estraneità ai fatti addebitatimi ritenuti falsa testimonianza, e la mia fedeltà allo Stato". Mancino riferisce di aver "chiesto inutilmente al pubblico ministero di Palermo di ascoltare i responsabili nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica". Ma, non essendo stato ascoltato, riferisce di aver "rinunciato al proposito di farmi di nuovo interrogare e di esibire documenti. Preferisco farmi giudicare da un giudice terzo".