Sotto accusa l'Azienda sanitaria di Catania, responsabile di "inerzia" e di non aver dato, secondo la famiglia, l'adeguato sostegno a Salvatore
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La morte di Salvatore Crisafulli, in coma vegetativo dal 2003 in seguito a un incidente, potrebbe avere risvolti giudiziari. La famiglia, infatti, ha presentato alla questura di Catania una querela, chiedendo che venga fatta luce sulle responsabilità dei medici e in particolare dell'Azienda sanitaria (Asp), colpevole, secondo i fratelli, di non "aver provveduto alla visita domiciliare del malato" e dell'ambulanza del 118, "sprovvista di defribillatore".
La famiglia ricostruisce gli ultimi suoi giorni di vita.
Le condizioni si aggravano - Il 18 febbraio le condizioni di salute di Salvatore si aggravano. Viene fatta perciò richiesta di una "visita pneumologica domiciliare urgente". L'impegnativa è inviata all'Asp di Catania, che gira la richiesta all'ufficio competente soltanto tre giorni dopo. I fratelli insistono per avere questa visita ma ogni sforzo si rivela inutile. Già lo scorso anno, denunciano i parenti, avevano lottato contro questa "inerzia" da parte della strutture sanitarie.
LA FAMIGLIA VUOLE LA VERITA', LEGGI LA QUERELA
La crisi respiratoria e l'arresto cardiaco - Il 21 febbraio la situazione precipita: Salvatore ha una crisi respiratoria, i fratelli telefonano più volte alla Azienda sanitaria per avere assistenza e sollecitare ancora una volta una visita a domicilio ma tutte le richieste, si legge nella querela, rimangono "inevase". Alla fine, decidono di chiamare il 118. All'arrivo dell'ambulanza, Crisafulli subisce un arresto cardiaco. A questo punto, si legge ancora, la famiglia lamenta "l'assenza di un fibrillatore". Ora vogliono giustizia e chiedono che venga fatta luce sulle eventuali responsabilità, soprattutto "per la mancata visita domiciliare all'ammalato e la mancanza di quelle apparecchiature mediche idonee e indispensabili per salvare la vita".