I tre erano riusciti a scappare nella notte di sabato segando le sbarre della loro cella e calandosi dal muro di cinta del penitenziario di massima sicurezza
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Sono stati catturati i tre detenuti che erano evasi dal carcere di Favignana. Si trovavano ancora sull'isola. La cattura si deve ad un'operazione congiunta del Nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria e dei carabinieri di Favignana e Trapani. I tre reclusi erano evasi nella notte di sabato segando le sbarre della loro cella e calandosi dal muro di cinta del penitenziario di massima sicurezza.
I tre evasi - Gli evasi sono tre detenuti di "peso": si tratta di Adriano Avolese, 36 anni, condannato all'ergastolo per omicidio, Giuseppe Scardino, 41 anni, condannato a 15 anni per una serie di rapine violente e per il tentativo di omicidio di un poliziotto a Scoglitti, frazione di Vittoria (Rg), e il suo amico e complice Massimo Mangione, 37 anni, condannato a 12 anni e 8 mesi, per gli stessi reati. Erano in cella insieme da qualche mese.
Le ricerche - Subito dopo la fuga era scattata la caccia in tutta l'isola. Secondo le forze dell'ordine, infatti, difficilmente i tre evasi potevano avere lasciato Favignana, anche perché quella notte le condizioni del mare erano proibitive. Le ricerche si erano quindi concentrate in tutti gli anfratti e i possibili rifugi che offre l'isola.
La cattura - I tre evasi stavano tentando di abbandonare l'isola rubando un gommone quando sono stati bloccati da una pattuglia composta da quattro militari dell'arma che li hanno sorpresi nei pressi del porto. Uno dei tre, Massimo Mangione, è riuscito a darsi nuovamente alla fuga lanciandosi in mare. A questo punto sono state mobilitate tutte le forze dell'ordine presenti sull'isola che hanno illuminato il tratto di mare. Dopo avere riguadagnato la riva, Mangione ha cercato di allontanarsi a piedi ma è stato catturato dai carabinieri e dalla polizia penitenziaria che hanno seguito le tracce lasciate sul terreno dagli indumenti bagnati.
Lenzuola forse simulazione - Secondo gli inquirenti, le lenzuola lasciate sul muro di cinta dell'istituto penitenziario potrebbero essere state lasciate per simulare una fuga che in realtà sarebbe avvenuta con modalità diverse. Un'ipotesi, questa, suffragata da alcuni elementi: la ridotta lunghezza delle lenzuola (che avrebbero costretto i tre a compiere un salto nel vuoto di oltre tre metri), ma anche il fatto che difficilmente i tre, dopo aver segato le sbarre della cella, possano essere riusciti a salire sul tetto e a saltare, senza perdere l'equilibrio, sul muro di cinta.