Conti truccati per far salire il prezzo e spartirsi poi la "plusvalenza" dell'affare
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Monte dei Paschi e Santander si sarebbero accordati per fare salire il prezzo di Antonveneta e poi spartirsi il bottino. Spunta dalle carte in mano alla Guardia di Finanza l'ultimo intreccio che complica il caso Mps. I fatti risalgono al 2007 quando Santander, dopo aver acquistato Antonveneta per 6,3 miliardi di euro, in due mesi riuscì a rivenderla all'istituto toscano per 9,3 miliardi con un ulteriore miliardo di oneri.
Secondo quanto scrive il Corriere della Sera, la banca spagnola e Mps raggiunsero l'accordo per dividersi la "plusvalenza" dell'affare e ai mediatori di Jp Morgan andò il miliardo in più che fece superare la soglia dei 10 miliardi di euro all'operazione. In merito alla vicenda, potrebbe presto essere chiamato a testimoniare il banchiere Ettore Gotti Tedeschi, ex presidente dello Ior e responsabile di Santander per l'Italia, che all'epoca incontrò più volte, come confermano le agende e i documenti sequestrati, l'ex presidente di Mps, Giuseppe Mussari.
Ma spunta anche il nome dell'avvocato Marco Cardia, figlio dell'ex presidente della Consob e cardine di alcuni aspetti dell'acquisizione di Antonveneta per conto dell'istituto toscano. E quello di Nicola Scocca, ex direttore finanziario della Fondazione Mps, testimone chiave che avrebbe già confermato le manovre illecite nella gestione dell'istituto.
La lettera di Vigni a Bankitalia
In mano alla magistratura c'è anche una lettera che risale all'ottobre del 2010, nella quale l'allora direttore generale di Mps, Antonio Vigni, risponde alla richiesta di chiarimenti arrivata dalla Banca d'Italia in merito all'aumento di capitale da un miliardo riservato a Jp Morgan. "In ordine all'assorbimento delle perdite Jp Morgan ha acquistato le proprietà delle azioni senza ricevere alcuna protezione esplicita o implicita dalla Banca", scrive Vigni. Tutto falso, secondo i pm.