Un mémoire scioccante e intensissimo dalla penna di una delle scrittrici più eccentriche e brillanti della sua generazione
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Violetta Bellocchio ha trentaquattro anni e un buco nella memoria: tre anni cancellati, dai venticinque ai ventotto, perduti in un buco nero da cui emergono all'improvviso dolorosissimi flash. Tre anni da alcolista, da "binge drinker" che ora racconta in "Il corpo non dimentica" (Mondadori, 274 pagine, 17 euro).
Una storia fatta di angoscia, di incontri sbagliati, ricoveri in ospedale, bruciature, svenimenti, del terrore di chiudere gli occhi per l’ultima volta. Una storia iniziata quasi per caso, "come altre cadono negli incontri di lotta clandestina, oppure vanno a recitare nei porno con calci e sputi", una storia che resta tatuata sulla pelle con tutta la sua violenza ma anche con l’assurdo splendore delle esperienze estreme.
Così che, per liberarsene, la sola via è trovare il coraggio di rievocarla, e anche di ammettere tutto il fascino che emana. La dipendenza fa sentire 'in ginocchio davanti a qualcosa che non capiamo', a un dio terribile che ha il potere di esaltare e di umiliare.
"È difficile smettere perché è impossibile accettare che niente ci farà sentire mai più così", "tu non sei una fiamma, sei la fiamma: tu bruci. Tutta quanta te, passata e futura, prende fuoco". Comincia il lungo cammino della disintossicazione, quando tutti ti dicono che ce l'hai fatta e tu hai paura che basti un passo falso per rimandarti nell'abisso.
Con terrore e pazienza, scheggia dopo scheggia, Violetta Bellocchio ricostruisce se stessa attorno a parole chiave che, come calamite, chiamano intorno a sé immagini e storie; e così facendo dà vita a un libro che è un mémoire coraggioso, di graffiante autoironia, e un documento letterario di straordinaria forza emotiva.
Una lettura in cui la sincerità è tagliente come la lama di un rasoio. Pagine che vibrano di dolore e che ci raccontano come liberarsi da se stessi non sia mai possibile, come ogni catarsi sia un mito pericoloso, come solo la forza di riconoscere il passato apra la porta a un futuro possibile, consapevole, migliore.
Leggi un'anteprima del libro:
Lasciar stare
Se non mi sbaglio, qui sta per cominciare “la parte dove si costruisce”. Ecco le ceneri, ora lasciamo andare i torti subiti; non recriminiamo su chi ha avuto e chi ha dato, eccetera. Dicono che faccia bene, alla lunga.
Io non posso.
Ci sono cose che non posso lasciar stare.
Non posso lasciar stare che nel Paese dove vivo l’alcolismo sia quello su cui si raccontano barzellette, si disegnano vignette sulla “Settimana enigmistica”. Che una donna ubriaca in pubblico sia considerata esilarante. Ore e ore di intrattenimento gratuito, per chi ha imparato a contare i bicchieri.