Il segreto del giardiniere è l'avvincente romanzo di Rosa Teruzzi: protagonista una giovane giornalista amante della giustizia che "sente" le persone
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Sveva Casati Modignani parla della protagonista di questo romanzo come di un “nuovo Montalbano”, definizione abusata per molti dei commissari emergenti del nostro giallo. Ma Irene Milani, la protagonista de “Il segreto del giardiniere” assomiglia davvero al geniale detective creato da Camilleri? No, ha ammesso candida la sua autrice, Rosa Teruzzi, in un’intervista televisiva.
Per verificarlo, è stata necessaria un’indagine approfondita sul caso. Dunque: Irene ha 23 anni, non una cinquantina come il calvo eroe del maestro di Agrigento. E’ irrisolta in amore tanto quanto Salvo Montalbano attira, come una calamita vivente, ogni procace bellona che popola i suoi casi.
Vive a Milano, purtroppo, non in Sicilia. Ma è una Milano dove scorazzano poeti e guerrilla gardener, non stelle della finanza o dell’impresa, e comunque una città dalle sere tiepide e serene, benché non manchino anche qui i morti ammazzati.
Come – in questo caso – un ferroviere in pensione che ha visto qualcosa di troppo, mentre abusivamente piantava bulbi dentro un’aiuola dismessa, davanti a una libreria.
Non ha Catarella e Fazio, Irene, né Livia né tantomeno Augello, ma un fotografo che parla per proverbi, una guru come vicina di casa, un capo cinico e fascinoso, un super poliziotto che qualunque cronista di nera desiderosa di accasarsi vorrebbe incontrare sulla sua strada.
Non risolve i suoi casi con la logica del commissario di Vigata, ma grazie a una sua speciale – e comodissima – dote di empatia: “sente” al tatto le emozioni di chi incontra.
Piacerebbe Irene a Montalbano se la incontrasse all’ombra del Duomo? Come possibile conquista, no: la ragazza ha gonne troppo lunghe e troppi pochi chili addosso, per di più mal distribuiti. Ma come collega, forse sì. Perché Salvo e Irene hanno lo stesso sguardo, la stessa nostalgia per un mondo impossibile dove gli onesti vincono e la giustizia trionfa, anche se non sempre è quella dei tribunali.
Deve ancora mangiarne di arancini, la giornalista Milani, per eguagliare l’indolente ironia del commissario, ma certo il primo caso è risolto, il capo fascinoso messo al suo posto, il superpoliziotto cucinato a puntino. E, com’è giusto, il sole può splendere all’ultima pagina sui buoni, anche se non siamo a Ragusa, ma sul lago di Como e non c’è nemmeno un George Clooney qualunque che si aggiri per la via.