Un gesto naturale e tenero che nonostante ciò viene vissuto con intolleranza e fastidio sia da uomini che da altre donne che sembrano aver seppellito l’istinto materno
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Siamo nel ventunesimo secolo e temi come l'omosessualità, le famiglie omogenitoriali, il divorzio, la fecondazione assistita (anche eterologa) non sono più dei tabù. Argomenti e situazioni così delicate ma allo stesso tempo sentite e difese dalla società moderna. La stessa cosa, purtroppo, non si può dire dell'allattamento in pubblico. Un gesto fisiologico, quello di nutrire il proprio bambino al seno, che non riesce a essere accettato e sdoganato, tanto da essere vissuto spesso ancora come un'interdizione.
Se ci pensiamo, l'Europa si vanta di essere un contintente all'avanguardia ma per certi versi - purtroppo - è più involuto di alcuni di quei paesi che vengono definiti Terzo Mondo. Francia, Germania e Scandinavia sono tra i paesi più evoluti da questo punto di vista. Ma in ogni famiglia per bene c'è una pecora nera.
Un esempio? In Inghilterra c'è voluta una legge, l'Equality Act 2010, per rendere illegale la discriminazione verso una mamma che allatta in pubblico. Prima dell'applicazione dell'Equality Act 2010 non era consentito allattare in pubblico il proprio bambino. Attualmente però, nonostante questa legge ad hoc, esiste ancora un tipo di indignazione tanto silenziosa quanto tangibile, che costringe le mamme che allattano a doversi rifugiare in posti appartati e lontani dagli occhi della gente.
Come se fosse chissà quale atto osceno. E purtroppo l'Inghilterra non è la sola. In Danimarca addirittura, i ristoratori hanno la facoltà di vietare alle proprie clienti di allattare in pubblico e anche cacciarle dal locale qualora non rispettino il divieto. Il Consiglio Nazionale per l'uguaglianza danese, consentendo ciò, cerca di tutelare gli altri clienti che potrebbero sentirsi disturbati alla vista di questo atteggiamento. In Italia non esiste alcuna legge che vieti alle donne di allattare in pubblico ma non ne esiste neanche una che tuteli la naturalezza di questo gesto materno.
Da un lato l'Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda l'allattamento esclusivo al seno almeno per i primi sei mesi di vita, dall'altra la società condanna psicologicamente una donna che cerca di dare il meglio al proprio bambino neonato senza trascurare sè stessa. Una donna che tiene viva la propria vita sociale nonostante abbia partorito da poco è un esempio da seguire. Creare, coltivare e tenere vive delle relazioni potrebbe essere una soluzione per ridurre i casi di depressione post partum o curarla più velocemente. Ma come fare senza portarsi dietro il bambino visto che l'allattamento al seno non può essere programmato?
Le mamme quindi non hanno molta scelta a meno che non vogliano restare confinate in casa. Ecco da dove deriva la necessità di sdoganare la pratica e di fare evangelizzazione su una delle azioni più naturali del mondo. È o non è anche questo un istinto di sopravvivenza?