L'educazione di base e il giusto comportamento in comunità non si apprendono solo dai grandi discorsi ma, innanzitutto, dall’esempio concreto dei genitori
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Accade spesso che i litigi in famiglia avvengano proprio a causa di aspettative genitoriali disattese. Ma atteggiamenti e parole “corrette” non si possono trasmettere solo con grandi discorsi: è importante che passino prima come esempi. A questo scopo, la figura materna e quella paterna svolgono un ruolo chiave, che non richiede per forza di cose voce alta, discussioni o punizioni. Anzi, la soluzione si trova proprio nell'assunzione di reciproche responsabilità, nel dialogo sereno e in una buona dose di indipendenza reciproca.
Dare l'esempio - Nulla ha tanto valore per i figli come il comportamento esemplare del genitore. Ciò vuol dire che se predichiamo la non violenza (che sia essa fisica o verbale) e poi aggrediamo anche solo a parole il parente, il vicino o chi ci taglia la strada, avremo fornito un esempio assolutamente contrastante con i nostri discorsi civili e pacifici. E, tra i due, passerà soltanto il concetto che l'aggressività è la reazione giusta a qualsiasi tipo di torto o ingiustizia. Perciò, lavorare su se stessi, come persone ancor prima che come genitori, è il primo passo per crescere figli rispettosi delle regole necessarie a una convivenza civile.
Essere uniti nell'educare - Quando la mamma dice una cosa e il papà ne sostiene un'altra siamo di fronte a un enorme problema: i figli restano disorientati e confusi, convinti addirittura di dover prendere una posizione di favoritismo. Dunque, per educare al rispetto delle regole e a una convivenza civile, il nucleo genitoriale (anche quello “multiplo” delle famiglie allargate) dovrebbe trovare un punto di unione al di là di eventuali diatribe di coppia. Un'idea potrebbe essere quella di fissare una mini riunione per stabilire un programma condiviso di educazione, almeno per quanto riguarda i macrotemi relativi alle problematiche tipiche della crescita: scuola, amicizia, famiglia, emozioni, sessualità, competizione…
Condivisione delle responsabilità - Se un figlio si comporta male a scuola o, comunque, all'interno della comunità, scatta immediatamente e prepotentemente il “j'accuse” nei confronti dei genitori. Spesso è vero, la responsabilità di un atteggiamento incivile o violento risiede proprio nella non educazione, e soprattutto, come si diceva sopra, nell'esempio incoerente da parte genitoriale. Ma è altrettanto vero che le responsabilità non siano sempre interamente da attribuire a una mamma o a un papà negligenti. Ai figli andrebbe trasmesso, infatti, il concetto che anche durante l'infanzia o l'adolescenza sussista la necessità di prendersi piccole grandi responsabilità individuali: fare i compiti, essere promossi, non esercitare prepotenza, rispettare gli insegnanti…
Non intromettersi sempre in litigi e criticità - Un classico dei classici: i figli litigano e i genitori accorrono all'istante per sedare il confronto, nel peggiore dei casi prendendo una posizione a favore di uno o dell'altro. La vita è costellata di scontri e incontri, perciò sarebbe bene crescere pronti a queste eventualità ed educati a risolverle civilmente e in autonomia. In realtà il lavoro genitoriale per evitare che una lite degeneri in rissa inizia, quindi, ben prima. Mamma e papà dovrebbero fornire, infatti, a un figlio gli strumenti indispensabili (dialogo, comprensione, ascolto, cultura, rispetto per il diverso) e poi lasciare che questi vengano utilizzati in modo indipendente e responsabile.