Per imparare le regole del buon vivere inizia a dire più no, punta i piedi e... concediti i piccoli piaceri della vita
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C'è stato detto e ripetuto sin da piccoli: bisogna fare i bravi, evitare i capricci, finire tutto ciò che si ha nel piatto ed essere sempre altruisti. Certo la buona educazione è importante per andare d'accordo con gli altri e imparare le regole del saper vivere civile, ma la felicità è ben altro. Mai quanto oggi essere felici è, infatti, sempre più un concetto tragicamente sfuggente e difficile da realizzare nella routine quotidiana: la libertà in cui si vive spesso è solo d'apparenza e ogni giorno ci si scontra con le difficoltà dell'essere parte di una società che corre senza mai sapersi fermare.
Il termine latino felix rimanda al verbo produrre: è felice chi è fecondo o, come spiegano alcuni dizionari “colui che possiede ciò che appaga i suoi desideri”. Nella pratica possedere quello che soddisfa i nostri desideri risulta però tutt'altro che semplice, per due ragioni. Il primo motivo è che alla maggior parte di noi l’educazione ci ha insegnato a soddisfare gli altri più che noi stessi. Il secondo è che viviamo in una società del desiderio orientata verso una rincorsa continua di ciò che non abbiamo e che, una volta ottenuto, vede svanirne l’importanza in direzione di una nuova, ennesima, meta.
Ascoltare i desideri e le necessità degli altri prima di noi stessi, significa perdere di vista i nostri bisogni, riducendo al silenzio la voce interiore. Purtroppo, per il sesso femminile le pressioni esterne diventano di frequente ancora più gravi e pesanti. Rachel Simmons, insegnante e saggista, in 'The curse of good girl' (La maledizione della brava ragazza, Ibs) riporta la situazione in cui vengono cresciute le brave bambine, abituate fin da piccole a comportarsi conformemente alle regole, educate nel rigore di chi le vuole sorridenti, ubbidienti e mai fuori luogo.
Queste bambine, così come molti altri coetanei maschi vissuti nei medesimi principi educativi, come emerge dai dati di una ricerca effettuata qualche tempo fa negli Stati Uniti, hanno alte probabilità di diventare adulte infelici. Secondo questi dati, le donne infatti superano spesso gli uomini per meriti scolastici: perfezioniste e rigorose sul lavoro tendono, tuttavia, a essere poi preda di ansia e stress. In fondo, le brave bambine, come racconta Antonella Panza nel volume di racconti 'La rivolta delle brave bambine', (Edizioni del Boccale) sono vere e proprie prigioniere di un ruolo.
Il punto di svolta è qui, al centro di un dolore acuto come un cordone ombelicale da tagliare: la capacità di ribellarsi. Ecco perché essere egoisti diventa un atto necessario prima di poter scoprire l'autentica generosità, che non è semplicemente disponibilità a donare, bensì altruismo, capacità di ascoltare e dare secondo il cuore. Quante volte si finisce per pensare agli altri perdendo di vista ciò che è importante per noi? Impara a dire no. I sensi di colpa spesso soffocano questo bisogno naturale, ma dire no equivale ad affermare le necessità più intime e vere.
Dal mondo del lavoro alla famiglia sono innumerevoli le volte in cui si finisce per accettare cose che in realtà non corrispondono ai nostri bisogni profondi; anche il semplice favore a un amico qualche volta può non far parte delle necessità autentiche che proviamo in un determinato contesto. Deludere le aspettative di qualcuno è frustrante, soprattutto se è una persona a cui vogliamo bene, ma quando si finisce per dire sempre di sì la vita si semplifica solo in apparenza.
In realtà, essere sempre disponibili aumenta la frustrazione e con il tempo è possibile arrivare addirittura ad avvertire la sensazione di soffocamento tipica di quando manca il respiro, come se si fosse in trappola. Evitare i conflitti non è una buona soluzione, anzi qualche volta un litigio, soprattutto se gestito in modo costruttivo, permette di dare vita a una comunicazione più sana. La costruzione di relazioni positive e sincere passa attraverso l'ascolto autentico di se stessi.
Quali sono le cose che ti rendono felice? Fa attenzione, la felicità non è questione di grandi obiettivi o una sensazione di contentezza perenne. Più che all'ideale di gioia, si avvicina alla capacità di rendersi conto, anche nel dolore, della verità delle proprie emozioni. Prova a fare una lista di tutte le situazioni, oggetti o persone che contribuiscono al tuo stare bene e allenati, durante la giornata, a cercare di soddisfare i piccoli piaceri che rendono più allegra e vitale la tua esistenza.
Inizia a dare più spazio a ciò che ti fa sorridere e a coltivare il piacere più che il senso di dovere. Perché anche l'attività più stimolante, vissuta con la pesantezza dell'obbligo, spegne l'entusiasmo; viceversa la giornata più dura, affrontata con consapevolezza, può rivelare sorprese splendide.