Il rapporto “Mamme nella crisi” di Save the children racconta gli effetti della crisi
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Diventare mamma e lavorare sembra che sia, perlomeno in Italia, un difficile connubio. A certificarlo è il rapporto “Mamme nella Crisi” di Save the Children. I dati parlano di 800mila mamme che in due anni hanno lasciato o sono state costrette ad abbandonare il lavoro.
Le cause secondo il rapporto sono la mancanza di i servizi all’infanzia e il concreto rischio di perdere il lavoro a seguito della gravidanza, con pressioni o dimissioni in bianco.
TUTTI I NUMERI
Nel 2010 solo il 50,6% delle donne senza figli era occupata (contro la media europea del 62,1%). Dato che scende al 45,5% con l’arrivo del primo figlio, al 35,9% con il secondo e a 31,3% nel caso di 3 o più figli. Tra il 2008 e il 2009 sono state 800 mila le mamme licenziate o spinte alle dimissioni. L’8,7% del totale delle interruzioni di lavoro nel 2009 è avvenuta per costrizione (era il 2% nel 2003).
SEMPRE MENO FIGLI
Le donne italiane tendono sempre più a non avere figli in mancanza della tanto ricercata dipendenza economica. il 35,6% delle donne nel 2010 e il 36,4% nel 2011 erano inattive e appartenenti alla fascia 25-34 anni. Dei 3 milioni e 855mila donne fra i 18 e i 29 anni, il 71,4% vive con i genitori. E se il lavoro c’è, spesso manca di qualità: nel 2010 è diminuita l’occupazione qualificata, tecnica e operaia, in favore di quella a bassa specializzazione (collaboratrici domestiche, addette ai call center). Quanto al part time in aumento, le ragioni sono dovute quasi esclusivamente all’incremento del part-time involontario, accettato cioè in assenza di occasioni di lavoro a tempo pieno (nel 2010 il 45,9% sul totale dei part time, contro la media Ue27 del 23,8%).
STRANIERE PIÙ IN DIFFICOLTÀ
Essere donna, lavoratrice e straniera rende poi tutto più difficile: il primo figlio comporta un aumento dell’indice di deprivazione materiale dal 32,1% al 37% contro il 13,3% e il 14,9% delle madri italiane. Vulnerabili sono anche le mamme sole, i cui figli sono i più esposti al rischio di povertà (28,5% contro il 22,8% della media dei minori in Italia).