Per ora ai connazionali non dovrebbe succedere nulla, ma è prevedibile una nuova normativa su permessi di soggiorno e visti
La vittoria della Brexit non sarà "un evento apocalittico" ma nel breve periodo lo "scossone all'economia non sarà indifferente", con ricadute anche in Italia, soprattutto in alcune regioni e settori: vino, Basilicata e turismo sono i punti su cui si potrebbero concentrare le maggiori criticità. L'analisi è di Nomisma, secondo cui se Oltremanica calassero infatti consumi e investimenti, si contrarrebbe inevitabilmente la domanda per beni importati e servizi.
Le esportazioni complessive- Il Regno Unito pesa per l'Italia per il 5,4% dell'export, per lo più nel manifatturiero. Si va dal minimo di 0,2% del tabacco al massimo del 13% delle bevande. Solo nell'anno 2015 il nostro interscambio commerciale è stato di 33,1 miliardi di euro,+5,9% rispetto al 2014, con un saldo positivo per il nostro paese di 11,9 miliardi. Alla volta di Londra sono finiti beni e servizi per complessivi 22,5 miliardi, pari a un incremento del 7,4%. Vino e mobili - Il vino in particolare nel 2014, ha avuto un export per 657 milioni di euro, 745 nel 2015, rispettivamente 13% e 14% del totale italiano. Il mercato britannico è importante anche per il mobile (10%).
Un duro colpo per la Basilicata - La Basilicata è la regione percentualmente più esposta: va in Gran Bretagna quasi il 15% del suo export: soprattutto auto Fca "Made in Melfi", visto che nel 2015 l'80% delle esportazione lucane nel mondo sono state autoveicoli e Oltremanica si sono vendute 8008 500X e Renegade.
Con un'esposizione in Gran Bretagna superiore al 10% dell'export regionale seguono poi anche il manifatturiero dell'Abruzzo (10,6%, 778 milioni) e agricoltura e pesca campani (12,6%, 55 milioni). Anche se in termini assoluti, e non percentuali, la parte del leone la fanno sempre le regioni del Nord, con Lombardia che esporta Oltremanica per 5,3 miliardi di euro, seguita da Veneto e Emilia-Romagna a 3,4 e Piemonte a 2,4.
Cosa succede al turismo - Nomisma poi si spinge anche a ipotizzare cosa accadrà ai turisti britannici che da oggi sono diventati "extracomunitari": il loro potere d'acquisto potrebbe soffrirne. E va ricordato che il Regno Unito è il quarto mercato italiano per provenienza, con 3,1 milioni arrivi e 11,9 milioni presenze nel 2014. Sono tanti turisti, e soprattutto sono i più "spendaccioni" tra quelli comunitari, con una spesa giornaliera procapite media di 123 euro. Inglesi, scozzesi, gallesi e irlandesi del nord visitano per lo più città d'arte o praticano sport invernali: in Valle d'Aosta, per esempio, la clientela britannica pesa per il 6% degli arrivi, il 25% di quelli dall'estero.
Ovviamente, mette ben in chiaro Nomisma, sono approssimazioni di primo grado. In uno scenario "particolarmente catastrofico, con una crisi del mercato finanziario londinese e a licenziamenti massicci", potrebbe crollare la domanda di Ferrari o Maserati. Però, si può consolare il manifatturiero italiano, potrebbe crescere l'interesse per 500X o Renegade.
Cosa succede agli italiani che lavorano in Uk - Lo Stivale non esporta a Londra soltanto beni materiali: sono 300mila gli italiani che risultano ufficialmente residenti nel Regno Unito,ma sono almeno altrettanti quelli che lavorano oltre Manica senza registrazione. Nel 2015 siamo diventati il secondo Paese Ue per numero di migranti. Per il momento ai connazionali non dovrebbe succedere nulla, infatti secondo il trattato europeo il divorzio fra Londra e l’Europa durerà non meno di due anni. I problemi potrebbero subentrare dopo, ma senza avere effetti retroattivi. I residenti non dovrebbero essere toccati da eventuali misure restrittive, che potrebbero invece riguardare i nuovi arrivati. Sicuramente si apre uno scenario inesplorato sulla legislazione dei permessi di soggiorno, dei permessi di lavoro e dei visti e il trasferimento potrebbe non essere così vantaggioso per chi è in cerca di opportunità lavorative.
E gli studenti Erasmus? - L'Italia invia in Uk oltre diecimila studenti all'anno. Muovono 3,7 miliardi di sterline (considerando le tasse di iscrizione e il soggiorno), con un corollario di decine di migliaia di posti di lavoro. Di questi 2.296 sono arrivati attraverso l'Erasmus (2014) e adesso potrebbero rimanere escludi dai programmi di scambio europei.