A livello mondiale manteniamo la settima posizione. Nel Vecchio continente meglio di noi solo la Germania. Ma non mancano le criticità
Solo pochi giorni fa l'indice Pmi manifatturiero elaborato da Markit registrava un rallentamento dell'attività economica a ottobre, quando era atteso invece un rialzo. Meglio dell'Italia hanno fatto Spagna e Germania (soprattutto), mentre la Francia ha compiuto un importante balzo in avanti tornando in territorio positivo.
È un trend che conferma la debolezza della ripresa, condizionata da diversi fattori, ma che allo stesso tempo non deve indurre in errore perché il settore manifatturiero resta, nel complesso, tra i più in salute della nostra economia. Stando al report Scenari industriali del Centro Studi di Confindustria, l'Italia è settima al mondo per quanto riguarda questo segmento di attività economica, mentre il primato, ormai consolidato, appartiene alla Cina (al secondo posto gli Stati Uniti).
A livello europeo l'industria italiana mantiene la seconda posizione con una quota al 2,3%, che si è tuttavia dimezzata rispetto al periodo pre-crisi seppure superiore a quelle di Regno Unito e Francia. Sopra di noi la Germania (6,1%).
A tale proposito già la Fondazione Symbola, di recente, aveva ricordato che negli anni della crisi l'Italia era tra i soli cinque paesi al mondo ad avere un surplus commerciale manifatturiero con l’estero superiore a 100 miliardi di dollari. Dal 2008 al 2013 il fatturato estero manifatturiero era cresciuto del 16,5%, facendo meglio in questo caso di Germania (11,6%) e Francia (5,9%).
Mentre, restando alla più stretta attualità, si nota qualche difficoltà. Secondo una recente analisi di Prometeia e Intesa San Paolo l'industria manifatturiera chiuderà il 2016 con una crescita del fatturato dell’1,2%, un aumento inferiore di circa sette miliardi di euro rispetto alle stime precedenti e rallentando rispetto al +2,7% registrato al termine del 2015. Il rallentamento interessa sia la domanda interna che le esportazioni.
Dobbiamo tenere infatti in considerazione diverse variabili, tra cui la perdita di dinamismo del commercio internazionale e il crollo degli investimenti evidenziato in questi anni di congiuntura economica negativa. I livelli di produzione manifatturiera – spiega il Centro Studi Confindustria – sono, alla fine del terzo trimestre 2016, ancora molto lontani dal picco pre-crisi (-22%) e l’export, dopo il +4% messo a segno tra il 2014 e il 2015, ha invece registrato nei primi otto mesi del 2016 un aumento dell'1,6%.