Secondo l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, la situazione inizierà a migliorare nel 2016. Ma intanto la crescita è inferiore al resto dell'eurozona e scendono anche i salari medi
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La disoccupazione giovanile in Italia nel 2014 è aumentata di 2,7 punti rispetto al 2013, arrivando a quota 42,7%. Lo riferisce l'Ocse. La percentuale è più che raddoppiata dal 2007, quando si fermava al 20,4%. "Più di una persona su 4 di età uguale o inferiore ai 29 anni in Italia non è né occupata né cerca lavoro", percentuale che "si è impennata del 40% dall'inizio della crisi, aprendo un ampio divario con la media Ocse".
Secondo l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, la situazione dei giovani non è positiva nemmeno per quelli che hanno un lavoro: in Italia continua infatti a crescere la percentuale di lavoratori under 25 con contratti precari, passata dal 52,7% del 2013 al 56% nel 2014 e aumentata di quasi 14 punti percentuali dal 2007 (42,2%) e di quasi 30 punti dal 2000 (26,6%).
Molto spesso inoltre, rileva l'Ocse, questa condizione di precariato diventa permanente: "Solo il 55% delle persone che entrano nel mercato del lavoro cominciando con un lavoro temporaneo hanno un contratto permanente dieci anni dopo in Italia, uno dei dati più bassi nell'Ocse". Sono invece quasi il 40% gli under 25 che mantengono il loro posto di lavoro per meno di 12 mesi, con un'incidenza particolarmente elevata tra le ragazze (43,7%).
In generale, i dati sulla disoccupazione continuano a essere preoccupanti: nel 2014 l'Italia ha raggiunto un picco del 12,7%, oltre 6 punti percentuali in più rispetto a prima della crisi (6,1% nel 2007). Secondo l'Ocse, però, nel 2016 la percentuale comincerà a scendere, passando sotto il 12% nel quarto trimestre. Cresce però intanto anche l'incidenza della disoccupazione di lungo periodo: nel 2014, il 61,5% dei senza lavoro lo era da almeno 12 mesi, contro il 56,9% del 2013. Unica nota positiva è l'aumento della partecipazione alla forza lavoro (e quindi la diminuzione degli "inattivi", che non lavorano e non cercano lavoro), salita al 64,9%, 0,6 punti percentuali in più rispetto al 2013. L'incremento e' stato particolarmente marcato nella fascia d'età 55-64 anni, dal 45,3% del 2013 al 48,9% del 2014.
E se i dati sull'occupazione non sono positivi, non lo sono nemmeno quelli sui salari medi, che pur essendo aumentati nel 2014 dello 0,8% arrivando a 34.744 dollari, sono diminuiti dello 0,4% rispetto al 2007, ultimo anno prima dell'esplosione della crisi. Nei sette anni precedenti, dal 2000 al 2007, il salario medio era invece aumentato dello 0,5%.
Secondo l'Organizzazione, in definitiva, "le condizioni del mercato del lavoro sono in generale miglioramento nei Paesi Ocse ma la ripresa dalla recente crisi economica resta molto disomogenea", e "l'occupazione cresce ancora troppo lentamente per chiudere il divario occupazionale indotto dalla crisi in tempi brevi". Per questo, "la disoccupazione resterà elevata fino alla fine del 2016", anche se in "graduale riduzione".
"Il mix occupazionale - rileva quindi l'Ocse - si è spostato verso più lavoro part time e lontano dai posti di lavoro in manifattura e costruzioni, cosa che può rendere più difficile per alcuni trovare lavoro, tanto che la disoccupazione di lungo termine "rimane inaccettabilmente alta". Da qui le previsioni secondo le quali "la crescita dell'Italia resterà timida per un po' di tempo", con un Pil in aumento, "secondo le più recenti stime Ocse", dello 0,6% nel 2015 e dell'1,5% nel 2016, "entrambi al di sotto della crescita prevista per l'eurozona e l'insieme dell'Ocse".
Secondo l'Ocse un aiuto potrà arrivare dal Jobs act, che "aumentando gli incentivi alla creazione di posti di lavoro a tempo indeterminato con il nuovo contratto a tutele crescenti, ed estendendo la copertura dei sussidi di disoccupazione, rappresenta un importante passo avanti verso la riduzione delle diseguaglianze di lungo periodo e l'eliminazione della segmentazione" del mercato del lavoro italiano. La riforma, aggiunge l'organizzazione parigina, contiene anche "importanti misure per aumentare le risorse destinate alle politiche attive sul mercato del lavoro, e migliorarne l'efficacia".