"Caro Steve, voglio che tu sappia quanto grande sei tu e quanto grande è stata la tua vita"
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Spunta un'amicizia, il racconto di un'amicizia, nel passato di Bill Gates. L'amicizia, discreta ma sincera, con il suo più grande rivale, morto il 5 ottobre 2011, Steve Jobs. Un'amicizia che viene descritta nel ricordo di una lettera, indirizzata al fondatore di Apple, e firmata dal suo più grande competitor, il padre di Microsoft. Gates gliela scrisse per completare un rapporto di conciliazione già cominciato da tempo, e che voleva coronare prima che la malattia lo uccidesse.
Quella lettera, come racconta il quotidiano britannico "The Telegraph", fu scritta da Gates a Jobs poco prima della morte del genio della tecnologia nato a San Francisco il 24 febbraio 1955 e gli fu portata dalla moglie Laurene. Un gesto che non fu, dice Gates, di conciliazione. Perché la conciliazione tra i due era già avvenuta. Tutto era cambiato nel loro rapporto, fin lì di aspra competizione, nel 2007, quando Gates lasciò la Microsoft per dedicarsi anima e corpo alla "Bill e Melinda Gates Foundation", la fondazione di beneficenza creata con la moglie e alla quale, assicura il papà di Microsoft, "sono andati il 99 per cento dei miei guadagni di una vita".
2007, l'anno della svolta
"Steve e io organizzammo un evento insieme - ricorda Gates a proposito di quell'anno cruciale nella sua esistenza - e lui non avrebbe potuto essere più gentile nei miei confronti. Passai degli splendidi momenti in sua compagnia in quell'anno". E alcuni mesi prima che Jobs morisse, Gates gli fece una lunga visita. "Passammo ore fantastiche parlando di ricordi e immaginando il nostro futuro".
La lettera
E successivamente, quando Jobs stava lottando con la morte, l'amico Bill gli scrisse. "Dissi a Steve quanto doveva sentirsi grande per quello che aveva fatto e per l'azienda che aveva costruito. Gli scrissi dei suoi 'ragazzi', che avevo potuto conoscere". Una lunga lettera che spunta adesso, e che segna l'ultimo atto di un'amicizia che veniva da lontano.
"Noi non eravamo in guerra"
"Non c'era nessuna pace da fare tra noi - dice ancora Gates -. Noi due non eravamo in guerra. Avevamo realizzato grandi cose, e anche la competizione tra noi era sempre stato qualcosa di positivo. Non c'era motivo per cui ci si dovesse perdonare".
La telefonata della moglie Laurene
Quando Jobs morì, la moglie Laurene telefonò a Gates per dirgli che il marito aveva molto apprezzato la sua lettera e l'aveva tenuta con sè nei suoi ultimi momenti. E' raro che Gates parli in termini di "umanità", di rapporti di amicizia, di sentimenti. Preferisce i numeri alle emozioni, preferisce concentrare tutti i suoi sforzi sulla sua attività di aiutare miliardi di persone nella povertà a ricevere il denaro che darà loro la possibilità di sopravvivere. Ma in questo suo ricordo di Jobs i numeri, anche quelli della beneficenza a milioni di disperati, passano in secondo piano. Per dare spazio a un rapporto nato dalla rivalità. Ma soprattutto dal rispetto e dall'ammirazione.