I "nuclei di protezione" attivi da ottobre dopo i frequenti sequestri ai mercantili italiani
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Sei militari armati, opportunamente addestrati ed equipaggiati, pronti a intervenire in caso di attacco pirata. Sono i "Nuclei militari di protezione", imbarcati sui mercantili italiani che incrociano nei mari considerati più a rischio (le acque del Corno d'Africa, ma anche quelle dell'Oceano Indiano e del Golfo Persico) in virtù del protocollo di intesa firmato l'11 ottobre scorso tra ministero della Difesa e Confitarma.
E' l'armatore a farne richiesta. Ed è sempre l'armatore a provvedere al rimborso dei relativi oneri, "incluse le spese accessorie per il personale, il funzionamento e il sostegno logistico in area" (sebbene i militari non siano legati da vincoli gerarchici con il capitano della nave e rispondano al comando presente in una base logistica). Gli armatori, se vogliono, sono liberi di ingaggiare anche dei contractor, ovvero dei vigilanti privati.
A bordo della "Enrica Lexie", la petroliera italiana al centro dell'incidente che rischia di innescare un caso diplomatico tra Italia e India (due pescatori locali sarebbero stati scambiati per pirati e uccisi), viaggiano i fucilieri di marina del battaglione San Marco: si tratta di uomini che, oltre alle capacità tecniche garantite da un continuo addestramento, possiedono caratteristiche psicofisiche assolutamente particolari. Superati le visite mediche e i test fisici, frequentano il "corso di qualificazione anfibia" e poi vengono inquadrati nella forza da sbarco.
Le regole di ingaggio dei "Nuclei militari di protezione" sono abbastanza semplici, basate sul principio di autodifesa (l'uso della forza solo quando necessario): in caso di attacco pirata, la loro presenza da sola ha un effetto deterrente (è accaduto nel mar Arabico, quando è stato sventato un tentativo di arrembaggio alla "Jolly Arancione"), ma in alcun casi può essere necessario ricorrere a "warning shots", ovvero a raffiche di avvertimento: i colpi vengono sparati in aria, o comunque a distanza di sicurezza, anche se non è da escludere che una traiettoria possa essere deviata, ad esempio, da un eventuale contatto con la superficie marina. Per i loro assalti, i pirati utilizzano di solito barchini molto leggeri e veloci, i cosiddetti "skiff", magari partendo da unità più grandi quando si è molto lontani dalla costa, ma non è infrequente il ricorso a pescherecci che, tra l'altro, hanno il vantaggio di destare meno sospetti.