I genitori denunciano che il ritorno dell'ambasciatore in Egitto non ha consentito, come promesso, di raggiungere "la verità processuale" sulla morte del giovane
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A sei mesi dalla decisione del governo di rinviare l'ambasciatore d'Italia in Egitto, la famiglia di Giulio Regeni parla di "fallimento" della missione. Il diplomatico, spiega, "doveva consentire il raggiungimento della verità processuale su 'tutto il male del mondo' inferto a nostro figlio. Serve un immediato cambio di rotta", con "la consegna dei video della metropolitana" e "la concertazione di una strategia investigativa" comune Egitto-Italia.
"Il ritorno dell'ambasciatore interpretato come una resa incondizionata" - Così continua il documento firmato dai genitori e dall'avvocato Alessandra Ballerini: "Noi, e con noi tutti quelli che in ogni angolo del mondo hanno acuore la Verità sul sequestro, le torture e la morte di nostrofiglio Giulio, temevamo che questogesto sarebbe stato interpretato come una resa incondizionata aquel potere che ha annientato Giulio e che occulta impunemente laverità da ormai due anni. E in effetti l'ambasciatore Cantininon aveva ancora fatto in tempo ad insediarsi che le autoritàegiziane, forti di questa 'normalizzazione dei rapporti'provvedevano a: oscurare il sito della Ecrf, l'Ong alla qualeappartengono i nostri consulenti egiziani; arrestare in aeroportol'avvocato Ibrahim Metwaly che stava recandosi a Ginevra invitatodall'Onu a riferire sulle sparizioni forzate e sul caso di Giulio(il legale è ancora in carcere, sottoposto a trattamenti inumanie degradanti); disporre una perquisizione ed un tentativo dichiusura della Ecrf".
Ancora nessuna traccia del video della metropolitana - "La decisione dell'inviodell'ambasciatore a Il Cairo del 14 agosto scorso - prosegue lanota - seguiva di pochi minuti il comunicato congiunto delleprocure italiana ed egiziana nel quale si riferiva che: 'Comepreannunciato sempre nel maggio scorso, è stata poieffettivamente affidata ad una società l'attività di recupero deivideo della metropolitana e le attività stesse sono in corso. LaProcura egiziana ha ribadito l'impegno a condividere i risultatiraggiunti non appena la società incaricata depositerà l'esito delproprio lavoro' e si dava atto di aver 'concordato un nuovoincontro tra i due uffici da organizzarsi a breve per fareassieme il punto della situazione'. In realtà i video dellametropolitana non sono mai stati consegnati e, ad oggi, non si saneppure se qualche e quale ditta sia stata incaricata del lororecupero. L'incontro tra le due procure poi, diversamente daquanto annunciato, non si è tenuto a breve, ma solo a finedicembre su insistenza dei nostri procuratori che hannoconsegnato ai colleghi egiziani 'una articolata e attentaricostruzione dei fatti, effettuata dalla Polizia Giudiziariaitaliana'. La Procura generale egiziana si era impegnata, come silegge nel comunicato del 21 dicembre scorso, a 'proseguire leindagini, sulla base anche delle ipotesi investigative formulatedai magistrati italiani'. Da allora non è stata registrata inrealtà nessuna 'reazione' da parte della magistratura egizianasulla informativa italiana che ricostruisce le preciseresponsabilità di nove funzionari di pubblica sicurezza egizianiperfettamente individuati".
"Chiediamo un cambio di rotta" - "Sono passati, da quel 14 agosto,altri sei mesi - ricordano infine la famiglia Regeni e il legale -. Leatrocità commesse dal governo egiziano, a dispetto della volontàdi alcuni, non sono state dimenticate, non solo dal 'popologiallo' ogni giorno più numeroso, ma dalle centinaia di altrefamiglie che hanno subito e subiscono continuamente le sparizioniforzate dei loro cari. Se, come ci era stato garantito dal nostroGoverno, l'invio dell'ambasciatore, doveva consentire ilraggiungimento della verità processuale su 'tutto il male delmondo' inferto su nostro figlio, il fine evidentemente non èstato raggiunto e la missione in questo senso è fallita. Non èpossibile normalizzare i rapporti con uno stato che tortura,uccide e nasconde oltraggiosamente la verità, se non a scapitodella credibilità politica del nostro Paese e di chi lorappresenta".
"Crediamo sia necessario - concludono - un immediato cambio dirotta. Occorre alzare la voce e pretendere, senza ulterioriindugi, un incontro tra le due procure finalizzato all'immediataconsegna dei video della metropolitana e alla concertazione diuna strategia investigativa comune sulle nove persone giàidentificate come responsabili dai nostri investigatori emagistrati. Solo così la presenza dell'ambasciatore Cantini alCairo non avrà il sapore di una resa ma acquisterà la dignità diuna pretesa e, possibilmente, di una conquista di giustizia".