Non accenna a stabilizzarsi la questione. La Ue insiste sulla necessità delle quote obbligatorie. Per mercoledì 23 settembre è stato convocato un vertice dei capi di Stato e di governo
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E ancora al tensione sul fronte migranti. In migliaia tra quelli che hanno abbandonato il confine ungherese diretti verso quello serbo-croato hanno sfondato i cordoni degli agenti alla frontiera di Tovarnik. Ed è ora la Croazia a rischiare il collasso. Intanto la Ue insiste sulla necessità della quote obbligatorie per distribuire tra i Paesi il peso degli arrivi: per mercoledì 23 settembre è stato convocato un vertice dei leader di Stato e di governo.
Il ministro dell'Interno croato, Ranko Ostojic, ha affermato a sorpresa che "la Croazia ha esaurito le sue capacità di accoglienza: abbiamo detto ai rappresentanti di Unhcr e della Ue che siamo pieni". Solo nelle ultime ore nel Paese sono arrivati oltre 7mila profughi. Questo perché i migranti diretti in Germania e nel resto del nord Europa, dopo aver perso il braccio di ferro con il premier ungherese, e dopo i duri scontri con la polizia di mercoledì, hanno accettato di seguire l'itinerario croato.
In Croazia l'opposizione conservatrice, criticando il governo, ha chiesto apertamente la chiusura della frontiera con la Serbia. Momenti di alta tensione si sono avuti nel pomeriggio a Tovarnik, quando centinaia di migranti, sfiniti dall'attesa di un treno che non arrivava mai, hanno sfondato alla stazione i cordoni della polizia. Vi sono state scene di caos con diversi profughi che hanno accusato malori e sfinimenti. Sulla rotta balcanica il flusso migratorio sembra non mostrare segni di cedimento. Al confine meridionale fra Serbia e Macedonia gli arrivi da Turchia e Grecia si mantengono su ritmi sostenuti, e a Belgrado il grande parco-accampamento davanti alla stazione degli autobus è sempre gremito di profughi in arrivo da sud. Mentre la Bulgaria ha inviato 50 soldati a presidiare il confine turco e potrebbe dispiegarne altri 160 nelle prossime ore.
La Ue cerca una soluzione politica - Intanto da Bruxelles si cerca di arrivare al bandolo della matassa con un summit dei leader europei nel tentativo di mettersi alla guida di azioni coordinate, ma gli Stati membri continuano a procedere in ordine sparso, tanto che la Slovenia si è aggiunta alla lista dei Paesi che hanno ripristinato i controlli alle frontiere (dopo Germania e Austria). Matteo Renzi ha ricordato che "se oggi ci sono altri paesi che fanno parte dell'Ue accanto ai paesi fondatori è perché qualcuno ha abbattuto un muro e dato loro la possibilità di benessere, libertà e futuro". Gli fa eco il presidente francese Francois Hollande che sollecita decisioni concrete al Vertice di Bruxelles o sarà la fine di Schengen.
Il Parlamento europeo intanto vota con procedura d'urgenza e a larga maggioranza (370 sì, 134 no e 52 astenuti) l'ok al piano della Commissione Ue per il meccanismo temporaneo di ricollocamento di 120mila profughi, con quote obbligatorie. Un voto necessario quello dell'aula, per chiudere la partita, finita in stallo alla riunione dei ministri dell'Interno di lunedì scorso, quando Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Ungheria e Romania si sono messe decisamente di traverso. Il tavolo a cui si cercherà di stringere sui ricollocamenti sarà quello del consiglio Interni straordinario di martedì 22 settembre, il giorno prima del summit, dove sarà possibile usare l'arma della maggioranza qualificata (cosa non possibile al vertice dei leader dove si decide all'unanimità). I numeri per un ok a maggioranza ci sono, anche se il ricorso al voto spaccherebbe l'Unione, con relative conseguenze politiche.