Pagamento di 6.500 euro per ogni profugo "rifiutato". L'Ungheria schiera l'esercito al confine con la Serbia
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Per lo Stato membro che si trova in difficoltà a ricollocare i profughi, gli ambasciatori dei 28 (Coreper) stanno prendendo in considerazione due opzioni in vista del consiglio Interni di martedì. Si pensa al pagamento di 6.500 euro a profugo "rifiutato", ma fino ad un massimo del 30% del totale della quota da ricollocare. L'altra possibilità in discussione è permettere al Paese che lo chiede di ritardare i ricollocamenti di sei mesi.
Intanto, nonostante la maratona negoziale, l'Ue arriva ancora una volta spaccata sul ricollocamento di 120mila profughi (15.600 dall'Italia e 50.400 dalla Grecia). Nella bozza di decisione che martedì arriverà sul tavolo dei ministri dell'Interno vengono evitate parole come "obbligatorio" o "volontario". Si giocherà piuttosto su definizioni come "essere pronti a" o "avere la volontà di".
Dall'Italia 4mila migranti in Germania e 3mila in Francia - Nei due allegati saranno invece espressi i numeri Paese per Paese dei ricollocamenti da Italia e Grecia. Del totale di 15.600 dall'Italia, 4.027 vanno in Germania e 3.064 in Francia. Ma le allocazioni non saranno accompagnate da percentuali o criteri che li hanno determinati (pur essendo frutto della chiave della Commissione Ue). Questo perché vari Paesi vogliono evitare di dare adito a riferimenti per il meccanismo permanente, per quote obbligatorie, che Juncker vorrebbe mettere in piedi.
Ungheria manda l'esercito al confine con la Serbia - In Ungheria il parlamento vara una nuova stretta, prevedendo l'impiego dell'esercito a sostegno della polizia per la difesa del confine meridionale: potranno far uso delle armi, ma solo in caso di pericolo di vita. Il premier romeno Victor Ponta dal canto suo attacca. La gestione delle frontiere del leader magiaro Viktor Orban "è una vergogna per l'Europa". Il ministro degli Esteri lussemburghese Jean Asselborn (presidenza di turno del consiglio Ue) volato a Praga per tentare una nuova mediazione con gli oltranzisti del cosiddetto gruppo di Visegrad - Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria - in un'incontro allargato anche a Romania e Lettonia, uscendo dalla riunione parla di "persistenza di divergenze".