Dal vertice di Bruxelle dei ministri degli Interni arriva l'ok ai ricollocamenti da Italia e Grecia, ma è mancata l'unanimità sulle conclusioni. E intanto l'Ungheria completa il muro al confine con la Serbia
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E' terminato a Bruxelles il consiglio Affari Interni Ue organizzato per affrontare l'emergenza migranti. Secondo fonti diplomatiche, non è stato possibile trovare un accordo su un documento di conclusioni, che esige unanimità. Dalla riunione viene fuori solo una dichiarazione della presidenza di turno lussemburghese. A mettersi di traverso sono stati i Paesi dell'Est: Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca.
In particolare il punto sul quale non è stato possibile trovare l'unanimità è quello sui 120mila ricollocamenti. Jean Asselborn, ministro degli Esteri del Lussemburgo, presidente di turno dell'Ue, al termine della riunione ha però spiegato che "c'è un accordo di principio suffragato da una larga maggioranza di Paesi" e "il Consiglio può decidere per maggioranza qualificata".
In una pausa dei lavori, il ministro degli Interni italiano, Angelino Alfano, si era dichiarato ottimista sulla decisione di ridistribuire 120mila profughi tra i Paesi della Ue. Un'ipotesi questa, però, che ha incontrato il no di alcuni Stati, come Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca. Budapest ha anche insistito nel voler essere cancellato dalla lista dei Paesi beneficiari dei ricollocamenti.
Tutto è quindi rimandato alla nuova riunione dei ministri dell'8 ottobre, quando di fronte a mali estremi, si andrà avanti con la maggioranza qualificata. Intanto i 28 hanno dato il via libera formale per l'avvio della 'fase 2' della missione navale EuNavFor Med che prevede l'uso della forza contro gli scafisti nel Mediterraneo.
A chiare lettere è emerso anche che il trattato di Schengen è in gioco in questa partita, indebolito ulteriormente dopo che Vienna e Bratislava hanno espresso l'intenzione di seguire l'esempio di Berlino e ripristinare i controlli alle frontiere, minacciando così di scatenare un "effetto domino" che potrebbe peggiorare la già complicata situazione nel Vecchio continente. La Polonia sta valutando cosa fare al riguardo, e anche il ministro francese Bernard Cazeneuve minaccia di percorrere quella strada se le cose con l'Italia non dovessero funzionare.
Intanto, col via libera di oggi al primo schema di 40mila ricollocamenti (26mila dall'Italia e 14mila dalla Grecia) si costituisce la base legale per l'avvio dell'approccio "hotspot", centri di smistamento per distinguere i profughi dai migranti economici. E proprio questi ultimi dovrebbero essere trattenuti in Italia e Grecia, in centri attrezzati regolati da una "certa severità", come spiega il ministro dell'Interno Angelino Alfano, in attesa del rimpatrio. Il titolare del Viminale chiede però l'applicazione degli hotspot in modo graduale, in parallelo ai ricollocamenti, ma soprattutto condizionata "al funzionamento dei rimpatri", che devono essere "gestiti da Frontex" con "risorse comunitarie" e sotto la responsabilità europea.