Cinque anni di carcere con condizionale per l’attivista oppositore di Putin, ribattezzato il “Julian Assage russo”. Per ora non andrà in prigione
Alexei Navalny, attivista, blogger e noto oppositore di Putin, è stato condannato a cinque anni di reclusione con pena sospesa dal tribunale di Kirov con l’accusa di appropriazione indebita dei fondi della compagnia nel processo-bis Kirovles. Secondo Navalny, il processo è stato architettato per impedire la sua candidatura alla presidenza della Russia nel 2018. Per l'accusa, Navalny, nel 2009, avrebbe truffato l’azienda statale Kirovles, dove lavorava come consulente.
Navalny era stato condannato con le stesse accuse nel 2013 ma poi la Corte Europea dei diritti dell'uomo aveva stabilito che il processo si era era svolto in modo ingiusto. In ogni caso, anche con la pena sospesa, non potrà presentarsi alla corsa per le prossime presidenziali. Navalny si è messo a scrivere pezzi del verdetto su Twitter ancora prima che i giudici lo leggessero tutto per dimostrare che era uguale al precedente e che il processo era una mossa politica.
I processi - Navalny ha 40 anni ed è stato arrestato più volte. Dopo il processo del 2013 aveva scontato un solo giorno di carcere ed era stato messo agli arresti domiciliari con l’assoluto divieto di comunicare con l’esterno ma nello stesso anno aveva sfidato Putin candidandosi a sindaco di Mosca e ottenendo il 27 per cento dei voti. Accusato di altri brogli, nel 2014 lui e il fratello vengono condannati con l’accusa di aver rubato 30 milioni di rubli da due società.
Il "Julian Assage russo" - Dal 2008, Navalny ha adottato un metodo originale per portare a galla la corruzione del governo: acquistava piccole quote di società controllate dallo stato, molte delle quali con consiglieri di amministrazione di nomina governativa, e, in qualità di piccolo azionista, otteneva informazioni sulla gestione del capitale. Navalny faceva domande sulla destinazione del denaro, sulla gestione dei dividendi e su quali enti beneficiavano. Informazioni che avrebbero dovuto essere pubbliche ma che di fatto in Russia rimangono riservate alle aziende. Poi raccontava tutto sul suo blog, sul quale organizzava campagne e petizioni.