La conseguenza è che Bruxelles è diventata un rifugio per i terroristi. Lunedì sera era arrivata l'allerta, ma mancava personale di sicurezza in aeroporto. Identificati i tre presunti jihadisti. Lo speciale
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Se Bruxelles, nonostante i livelli massimi di allerta, è diventata un rifugio per i terroristi affiliati all'Isis il motivo è da ricercare soprattutto nelle falle del sistema di sicurezza. La polizia belga è divisa in sei autorità e non ha un piano coordinato tra i diversi comparti. In questa sovrabbondanza di istituzioni la sicurezza e l'immigrazione sono federali, l'integrazione è regionale e l'intelligence ha più centri di comando.
Nonostante l'allerta di attentati fosse stata diramata già lunedì sera, il giorno degli attacchi mancava personale di sicurezza nei luoghi sensibili, come aeroporto e metropolitana. Come ha raccontato Alphonse Y., l'addetto ai bagagli dello scalo di Zaventem, che è stato insieme ad altri colleghi, il primo a far evacuare le persone, prese dal panico, dopo la prima esplosione.
L'intelligence belga, inoltre, è impreparata anche a livello linguistico: nessuno è in grado di capire la lingua araba. Un altro limite è quello che le polizie locali non hanno infiltrati. Mentre sono stati trascurati per anni i "foreign fighters", proprio in Belgio dove c'è la percentuale più alta, in rapporto alla popolazione, di combattenti di ritorno dalla Siria.
Quindi gli impegni del premier Charles Michel per rinforzare la sicurezza del Paese non hanno sortito alcun effetto concreto proprio a causa dello spezzettamento delle competenze.
Ciò si va ad aggiungere a un mancato coordinamento europeo: la "guerriglia" delle cellule terroristiche porta così a casa sempre più gol a discapito di vite innocenti e accendendo in Europa i focolai xenofobi mentre si esacerbano i toni contro i profughi. Mentre a livello europeo il nemico diventa sempre meno visibile.