Il ritratto di Alì Sonboly, il 18enne tedesco di origini iraniane che ha aperto il fuoco sulla folla uccidendo nove persone
Alì Sonboly: è questo il nome del 18enne tedesco-iraniano che venerdì ha compiuto la strage nel centro commerciale Olympia di Monaco. Il giovane, secondo gli inquirenti, non aveva alcun legame con l'Isis. Ammiratore degli autori delle stragi del passato, sempre secondo la polizia si sarebbe ispirato alla strage di Utoya compiuta esattamente cinque anni prima. Il padre del ragazzo è un tassista e la madre lavora ai grandi magazzini.
La polizia tedesca ha effettuato una perquisizione dell'appartamente in cui abitava l'attentatore. Non ha trovato alcun riferimento ai terroristi dello Stato islamico. Ma molti documenti su Utoya e altre stragi. Non un terrorista 'classico', indottrinato da qualche ideologia jihadista o comunque estremista, quindi, ma un giovane con problemi psichiatrici e vittima di bullismo.
Alì non proveniva da un ghetto. Con la sua famiglia viveva in un quartiere dignitoso alla periferia della città. Non era un profugo, ma godeva della doppia cittadinanza. Almeno all'apparenza, un tipo tranquillo, sorridente, che andava a scuola vicino casa e consegnava giornali per arrotondare, come riferiscono i vicini ed i compagni. Non aveva mai avuto problemi con la polizia.
Sotto questa patina di normalità, invece, covava una personalità oscura. A partire dai problemi psichiatrici ed una depressione, per i quali era in cura. A scuola, inoltre, le cose non andavano bene. Non aveva superato l'esame finale, venerdì scorso. E soprattutto, era stato vittima di bullismo da parte dei compagni. "Per sette anni, a causa vostra", ha denunciato lui stesso in un concitato scambio di battute con una persona ripreso in un video. Anche un ex compagno ha rivelato che Alì prometteva sempre di uccidere i bulli che lo tormentavano.
Come se non bastasse, la passione per le stragi: molto tempo trascorso davanti al pc utilizzando giochi di sparatorie e del materiale a casa su Winnenden (15 morti in una scuola vicino a Stoccarda per mano di uno studente) e su Utoya, in Norvegia, compiuta dall'estremista di destra Anders Breivik (69 morti), di cui proprio venerdì cadeva il quinto anniversario. Nei suoi scaffali, anche un libro del titolo premonitore 'Furia nella testa: perché gli studenti uccidono'.