La vittoria del Leave sconcerta i costruttori stranieri
La Brexit farà molto male allʼindustria automobilistica britannica. Si perderanno posti di lavoro e investimenti per miliardi di sterline. Certo, le condizioni dellʼuscita del Regno Unito dallʼUnione Europea sono tutte da negoziare (ci vorranno due anni), ma le prime previsioni sugli effetti della Brexit sono drammatiche. I grandi costruttori stranieri lo ripetono da anni: se Londra esce dallʼUE, le nostre strategie cambieranno.
Il primo a dare lʼallarme, già a inizio 2014, fu Carlos Ghosn, numero uno dellʼAlleanza Renault-Nissan. Dei due milioni di veicoli che si producono ogni anno nel Regno Unito, un terzo è Nissan, diventato il primo costruttore del Paese. Dalla prima Bluebird del 1986 allʼultima versione di Qashqai, Nissan ha prodotto 7,5 milioni di auto a Sunderland e impiega 7.000 addetti. La Qashqai da sola è stata prodotta in oltre un milione di unità, sia con guida a destra che sinistra, perché il grosso della produzione finisce nel resto dʼEuropa, il cui mercato unico non ammette quei dazi doganali che, invece, oggi tornano con prepotenza nel dibattito sui futuri rapporti tra Regno Unito e UE. Ghosn lʼha detto: in 30 anni abbiamo investito 3,5 miliardi di sterline, ma sarà difficile continuare a farne altri.
Nissan non è la sola asiatica. A Swindon opera Honda con uno stabilimento attivissimo e anche Toyota produce in Inghilterra. Il gruppo indiano Tata ha acquistato nel 2008 Jaguar e Land Rover, e ha già fatto sapere di non essere contenta della Brexit, che le costerà un miliardo di sterline di minori profitti entro il 2020. Per non parlare di BMW che ha investito massicciamente nello stabilimento MINI di Oxford e in quello Rolls-Royce di Crewe, e Volkswagen che controlla Bentley. Volumi alti di produzione li garantiscono Ford e General Motors (col marchio Vauxhall, gemello di Opel). Se la Brexit costasse troppo, per i dazi doganali, la logistica e i costi extra sulle materie prime, beh allora è facile pensare che nessun costruttore straniero abbia voglia di continuare a stare in un Paese dove la guida a destra è solo una minima parte della produzione. Lʼ80% delle Toyota prodotte nel Regno Unito è esportato nel resto dʼEuropa.
La filiera automobilistica britannica vale 40 miliardi di sterline e dà lavoro a oltre 700 mila lavoratori. Oltre Manica si produce più del doppio dei veicoli che si produce in Italia. La Brexit rischia di far arretrare lʼindustria motoristica del Paese indietro di 40 anni! Allora le centinaia di factory, troppo piccole per sopravvivere, finirono per essere accorpate o chiuse, ma non andò quasi mai bene e negli anni 80 lʼindustria auto britannica fu nazionalizzata! Lʼultimo tentativo di creare un grande gruppo nazionale ‒ MG Rover ‒ finì tra scandali e fallimenti negli anni 90, con tanto di arresto dei vertici per distrazione di fondi. Insomma, lo scenario è ben lungi dallʼessere roseo e lʼunione dei costruttori auto britannici lʼaveva detto già nel 2014: “La posizione del settore è molto chiara ‒ aveva scritto la Society of motor manufacturers and traders (SMMT) ‒ dobbiamo restare in Europa”.