Le osservazioni sono state effettuate in Italia e Madagascar e hanno coinvolto persone di diverse nazionalità. Nel campione sono stati compresi soggetti che non si conoscevano, coppie di conoscenti che si frequentano solo in quanto avevano un terzo elemento comune, come il lavoro o un amico, e infine amici che si frequentano per scelta, parenti stretti come nonni/nipoti, genitori/figli, fratelli e compagni di vita. ''Un'analisi statistica basata su modelli lineari misti - aggiunge Norscia - ha rivelato che la presenza e la frequenza di contagio non è influenzata da differenze di contesto sociale o dalle modalità di percezione (sentire uno sbadiglio evoca una risposta tanto quanto vederlo, o vederlo e sentirlo), né da differenze di età, di genere o di nazionalità, ma dalla qualità della relazione che lega chi sbadiglia e chi 'riceve' ". Insomma, lo sbadiglio si diffonde più facilmente tra persone che si amano, ovvero tra familiari o coppie, mentre il contagio diminuisce progressivamente tra amici, conoscenti e sconosciuti.
Spiega ancora Elisabetta Visalberghi, coordinatore dell'Unità di primatologia cognitiva dell'Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Cnr: '' A favore di questa ipotesi ci sono anche dati neurobiologici. Esistono studi che mostrano come le zone del cervello che si attivano durante la percezione di uno sbadiglio altrui sono in parte sovrapposte a quelle legate alla sfera emotiva. Possiamo dire che lo sbadiglio è indice non solo di noia, ma anche di empatia''.