Alfano, Casini e Bersani hanno usato il tunnel che collega Palazzo Madama a Palazzo Gustiniani per raggiungere Monti, alimentando un clima da spy story
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Dopo un’intera giornata spesa a negarlo, ieri sera, è arrivata la conferma. Il vertice notturno per la nomina di sottosegretari e viceministri tra il premier Monti e i vertici di Pdl, Pd e Terzo polo c’è stato, usando il tunnel che collega palazzo Madama, sede del Senato, a palazzo Giustiniani, dove si trovano gli uffici dei senatori, compreso quello di Monti. Il patto riguarda le nomine di sottosegretari e viceministri.
Il tunnel segreto
Alfano, Casini e Bersani lo avrebbero percorso in gran segreto, per incontrare il premier e discutere della nomine. Nei partiti cresce l’imbarazzo per una modalità di consultazione che potrebbe creare contraccolpi negativi sul piano della comunicazione. Sono in molti a sostenere che Monti abbia sbagliato a non incontrare i leader dei partiti alla luce del sole, senza dare l’impressione che esistano gabinetti segreti. E il malcontento, com’è ovvio, contagia in modo particolare gli esclusi: Di Pietro in prima linea.
Smentite su twitter
Le smentite erano arrivate dalle segreterie di tutti e tre i partiti, con Casini che ieri ha scritto su twitter: “Non ci sono vertici, c’è il vertice che è il premier.” Per poi aggiungere di essere stato sentito, sì, ma singolarmente. “Una maggioranza tripartitica che si vergogna di esserlo” l’ha definita Giuliano Ferrara sul Foglio ironizzando su questa ansia da nascondimento che denoterebbe una certa coda di paglia. Smentite controbilanciate dai tweet del direttore di Europa, il bene informato Stefano Manichini, che commentava: “La brutta notizia del vertice, non perché l’hanno fatto ma perché si sono nascosti.
Tutti tecnici
Il presidente del consiglio, riferisce il Corriere della Sera, avrebbe insistito per la presenza di alcuni politici, ma sulla questione è stato categorico il no di Alfano. Passa quindi la linea che vede nomine esclusivamente di tecnici. La distribuzione assegna al Pdl la quota maggiore, 12 tra sottosegretari e vice, perché partito di maggioranza relativa e per compensare il sacrificio delle dimissioni del premier. Pd e Terzo polo avranno invece diritto, rispettivamente, a 8 e 5 sottosegretari ma compensati da vice di peso.
Quattro uomini di Monti
Monti riesce a far passare la nomina di 4 suoi uomini di fiducia: il premier vorrebe Vittorio Grilli, direttore generale del Tesoro e già in lizza per Bankitalia, come suo vice all’Economia. Gli altri nomi sarebbero quelli del funzionario del Senato Federico Toniolo, del presidente Fieg Carlo Malinconico e del consigliere della Corte dei conti Paolo Peluffo.