LA DIREZIONE DEL PARTITO

La direzione del Pd approva il piano BersaniVia libera al governo di minoranza in otto punti

"No a Berlusconi, sì a Monti e fiducia a Napolitano". E Renzi se ne va senza parlare

06 Mar 2013 - 21:26
 © Da video

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La direzione del Pd ha approvato, con un astenuto, la proposta di Pier Luigi Bersani di un governo di minoranza basato su 8 punti. "Da questa riunione - conclude il segretario del partito al termine del vertice - non ho sentito ipotesi B ma iniziativa A. Dopodiché è legittimo vedere le difficoltà, non è proibito, è un sentiero stretto, o lo si supera o almeno sgombreremo il sentiero dalla nebbia".

Ed ecco i punti principali emersi dal dibattito nel direttivo del Pd, riunito oggi a Roma.

"Nessuna corte a Grillo" - "Abbiamo il diritto-dovere di pronunciarci con semplicità davanti all'opinione pubblica - ha detto il leader del centrosinistra -. Non si corteggia Grillo, si sta cercando di capire". E ancora, commentando il successo del Movimento 5 Stelle, il segretario ha aggiunto che il suo partito "non ha saputo interpretare a pieno l'eccezionale richiesta di cambiamento". Dalle elezioni, ha ribadito Bersani, "certamente il colpo c'è", ma "la discussione" della direzione "ha testimoniato una forte capacità di reazione".

Bersani illustra al Colle il piano - Bersani ha telefonato al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al termine della direzione del Pd. Al Capo dello Stato sono state riferite le proposte presentate nella riunione.

Rinnovata la fiducia a Napolitano - Bersani ha inoltre rinnovato la sua fiducia al Colle, dicendo che il Pd non poteva non fare una sua proposta in questo momento ma "abbiamo piena fiducia in Napolitano e nella sua saggezza per guidare un percorso difficile. Quello di oggi è stato un dibattito ricchissimo, abbiamo mostrato cos'è un dibattito e non vedo particolari esigenze di repliche".

Gli 8 punti per un "governo di cambiamento" - La proposta di Bersani è dunque di andare in Parlamento con un programma in otto punti per un governo "di cambiamento che apra la strada alla legislatura". Il primo punto, ha spiegato, riguarda "l'uscire dalla gabbia dell'austerità. Poi misure urgenti sul blocco sociale; riforma della vita politica e pubblica". E ancora: "Voltare pagina sulla giustizia e l'equità; una norma contro il conflitto di interesse e doppi incarichi". Ma anche "economia verde e sviluppo sostenibile: apertura ai matrimoni gay e alla cittadinanza a chi è nato in Italia". Infine più attenzione a "istruzione e ricerca".

"Programma in Rete e apriamo il confronto" - Presentando la proposta di governo del Pd, Bersani ha affermato: "Per noi il nostro programma è irrinunciabile per qualsiasi prospettiva di governo, e siamo pronti da domani ad aprire un confronto pubblicando in Rete gli otto punti". "La nostra proposta - ha aggiunto - è anche aperta a contributi". E, anche se il risultato di Monti non appare decisivo per la governabilità, "la proposta del Pd - ha sottolineato Bersani - è rivolta anche a Scelta Civica".

"Pronti a corresponsabilità istituzionali" - "Siamo pronti a corresponsabilità istituzionali", ma sul governo non sono "praticabili" accordi politici con il centrodestra, ha detto Bersani che, rivolgendosi al M5S, ha ribadito: "Davanti al Paese ognuno si prenderà le sue responsabilità e anche chi ha avuto un consenso di 8 milioni elettori e ha scelto la via parlamentare deve dire cosa vuole fare". Il Pd non accetta un "accordo spurio" e non farà il bersaglio facendosi "sparare a palle incatenate".

"Alfano dica qual è la sua posizione" - Ad Angelino Alfano Bersani rivolge questo appello: "Noi abbiamo detto la nostra, vuoi dire la tua? Non ho capito qual è. Vuoi fare un governo con noi? Aspetta un attimo perché, viste le accuse di compravendita dei parlamentari per ribaltare il dato elettorale" con "tutti zitti non è accettabile. Così come non lo è un governo con uno che 4 mesi prima delle elezioni se ne va e spara a zero sulla realtà che lui stesso ha provocato".

"Rimonta della destra frutto mancato risultato Pd" - Facendo l'analisi del risultato elettorale, il segretario del Pd ha fatto il mea culpa: "La rimonta della destra non è un recupero di consensi, ma è il frutto del mancato risultato nostro". Poi, però, è tornato all'attacco. "Ai commentatori che da 20 anni ci spiegano il verbo senza prendersi un anno sabbatico dico: non banalizziamo".

Renzi lascia la direzione senza prendere la parola - "Abbiamo cercato scelte in controtendenza", rispetto all'incapacità di riforme della politica, parlando in campagna elettorale con le parole del "cambiamento" e con iniziative come le primarie, ma questo non è stato percepito, se non fosse stato così "l'onda d'urto ci avrebbe colpito ancora di più", ha detto poi Bersani rivolgendosi a Renzi. E il sindaco di Firenze ha lasciato la sede, a incontro in corso, senza parlare. 

"Tocca a noi, altri partiti non offrono di meglio" - "Gli altri partiti non possono offrire qualcosa di meglio per la governabilità, non hanno le intenzioni né i numeri", ha detto ancora. "Oltre a qualche idea per sbarrarci la strada non hanno qualcosa da dire al Paese. Tocca a noi fare la proposta e ribaltare lo schema: niente accordi politici fuori dal Parlamento".

"Governabilità non sia coperchio malposto" - Bersani ha inoltre messo in guardia dai rischi di certe soluzioni di governo. "Governabilità - ha detto - non è solo avere i seggi sufficienti, ma è un rapporto tra istituzioni e società, tra governati e governanti come si diceva una volta. Non vorrei che un'interpretazione formale della governabilità sia un coperchio malposto su una pentola a pressione".

"Siamo a un bivio, Pd sia unito" - "Dobbiamo sapere che si apre un bivio, non solo per le prossime settimane ma molto più avanti perché siamo in una crisi sociale e sarà ancora lunga. Questo non è uno scoglio ma una transizione e le scelte devono avere generosità anche per il futuro", ha sottolineato Bersani. E, rivolgendosi ai suoi, ha affermato: "Chiedo che il Pd, pur nel vivo della sua dialettica, garantisca unità, un Pd che discute come sempre ma che è unito è una risorsa di cui l'Italia non può fare a meno".


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