Pronti i mandati di pagamento per le liquidazioni degli ex Parlamentari: 3 milioni di euro
Massimo D'Alema © LaPresse
Lo dice anche la Bibbia (Ecclesiaste 3): "Per ogni cosa c'è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo". Sotto il cielo di Roma, però, il tempo scorre in modo un po' diverso. Perché c'è chi aspetta da mesi, a volte anni, che lo Stato si decida a firmare i mandati di pagamento (imprenditori strozzati che hanno anticipato l'iva, cassaintegrati che aspettano i nuovi fondi, professionisti che hanno prestato la loro mano d'opera magari a Tribunali e affini) e chi invece passa già all'incasso: si tratta dei 600 ormai ex parlamentari che stanno per ricevere l'accredito della loro liquidazione. Totale: 3 milioni di euro.
Avvenire, infatti, rivela che i mandati di pagamento sono pronti. Mentre i lavori del Parlamento vanno a rilento per mancanza di materia prima, tipo un governo, i contabili stanno completando i calcoli di quanto spetti ai "trombati" dall'ultima legislatura. Il rinnovamento della classe politica, sostituita per due terzi almeno tra Camera e Senato, costa cara agli italiani: 3 milioni di euro circa solo in liquidazioni. I vitalizi, infatti, restano separati (e già erogati).
In cima alla lista c'è Gianfranco Fini: il suo detassato trattamento di fine rapporto, vale 250mila euro. Ma a dimostrare che l'unica cosa davvero trasversale a tutti gli schieramenti sono i privilegi, sul podio sale Massimo D'Alema con 217mila. Stessa cifra per Livia Turco (Pd) e Domenico Nania (Pdl). Ma non trascurabili anche i gruzzoletti di Roberto Maroni (175mila euro), Franco Marini (Pd) 174mila euro, Beppe Pisanu (Pdl) (157mila euro) e Antonio Di Pietro (58mila euro). Non fatevi ingannare dalle cifre "modeste" di questi ultimi: avevano già ricevuto una liquidazione al tempo dell'interruzione del loro mandato.
E siccome sempre la Bibbia insegna che c'è un tempo per pagare, ma soprattutto un tempo per incassare, nessuno ha rinunciato alla propria liquidazione. Bisogna sottolineare che la cifra viene costituita dalle trattenute che ogni parlamentare ha versato durante il suo mandato. Soldi, comunque, stanziati dal popolo italiano per creare un "assegno di reinserimento". Sì, perché la liquidazione venne pensata per permettere al parlamentare di tornare alla società civile dopo aver prestato la sua opera al servizio del suo Paese. Pensiero stupendo, direbbe Patty Pravo, ma del tutto ipocrita nel momento in cui il parlamentare diventa politico di professione e smette di "esercitare" in tempo per la pensione (o per il vitalizio). Oppure passa da un incarico all'altro, come Maroni, già comodamente reinserito sulla poltrona di presidente della Regione Lombardia.
E così mentre imprenditori e professionisti aspettano diligentemente che, dopo aver eletto un Parlamento, si proceda con lo scegliere un governo che tra le prime cose sblocchi i pagamenti per lavori che hanno già svolto (e per cui hanno il più delle volte anticipato le tasse), i vecchi della Casta passano all'incasso. Perché sotto il cielo di Roma, il tempo scorre un po' così. E l'ora della busta paga scocca puntuale per tutti, ma per qualcuno un po' di più.