Il leader del Pdl: "Non farò passi indietro". Ma nel partito è il caos, con Quagliariello, Lorenzin e Lupi che si dissociano. Alfano: "Se prevarranno estremismi, sarò diversamente berlusconiano"
Momenti caldissimi nei palazzi della politica, dopo le dimissioni presentate da tutti i ministri del Pdl. Il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che ha incontrato il premier Letta, dice che scioglierà le Camere solo se non ci saranno altre strade percorribili. Berlusconi accusa "il governo delle tasse" e annuncia: "Inevitabile tornare alle urne". Ma nel partito è il caos.
Si deve fare chiarezza il prima possibile, ma la situazione nel Pdl è ancora molto incerta, meglio dare un giorno in più al centrodestra per diradare la nebbia che li avvolge. In estrema sintesi è questa la linea che Giorgio Napolitano ed Enrico Letta concordano nel loro incontro al Quirinale. Nella speranza, neanche tanto celata, che un pezzo di moderati si smarchi dalla linea di Berlusconi e dei falchi.
Il presidente della Repubblica e il capo del governo esaminano per oltre un'ora il quadro politico. L'immagine che se ne trae è ancora troppo sfocata per fare previsioni su cosa accadrà. Non a caso nella nota del Colle si sottolinea come "il succedersi di dichiarazioni pubbliche politicamente significative dei ministri dimissionari, di vari esponenti del Pdl e dello stesso Presidente Berlusconi" determini un "clima di evidente incertezza circa gli effettivi possibili sviluppi della situazione politica".
Non che Napolitano e Letta si facciano molte illusioni sui reali intendimenti dell'ex premier: anche se, per quanto residuale, nessuno se la sente di escludere a priori un parziale cambio di rotta del leader di Arcore. Possibile però che il Cavaliere possa azzardare una sorta di appoggio esterno, teso a logorare il governo. Ipotesi presa in considerazione a palazzo Chigi, dove hanno anche ideato le contromisure: nel discorso programmatico non ci sarà spazio per ammiccamenti; servira' per fare chiarezza e ci saranno "cose" che impediranno questi trabocchetti.
E' evidente però che le speranze di Letta (e del Colle) di proseguire con l'esperienza delle larghe intese (anche se meno larghe) poggiano sopratutto sui distinguo che si sono levati nelle fila del Pdl. Anche qui nè il capo dello Stato, nè tantomeno il premier si crogiolano in inutili ottimismi: sanno che un conto è esprimere malumore per essere stati tagliati fuori dall'inner circle berlusconiano; tutt'altra faccenda è staccarsi per dar vita a qualcosa di nuovo. Ma tant'è, entrambi sono determinati a lasciare che il dibattito all'interno del Popolo della Libertà si sviluppi pienamente prima di procedere alla verifica con il voto di fiducia. Da qui la decisione di attendere mercoledì prima di affrontare le Camere.