Di Maio: "Incomprensibile che si schierino contro il riconoscimento di più diritti". Sono i 5 Stelle, ribatte il Pd, a "prendere in giro i lavoratori"
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Nuovo scontro sul decreto dignità, questa volta tra Movimento 5 Stelle e Pd. Oggetto del contendere alcuni emendamenti Dem, presi di mira anche dalla minoranza interna, che chiedono di cancellare il raddoppio delle indennità in caso di licenziamento illegittimo. "Incomprensibile" per il vicepremier e titolare del provvedimento, Luigi Di Maio, che un partito "di sinistra si schieri contro il riconoscimento di maggiori diritti a chi lavora".
Il Pd, attaccano i 5 Stelle, ormai sta "dalla parte dei padroni" mentre il Movimento sarà "sempre dalla parte dei lavoratori". Con "Renzi o senza Renzi", afferma uno dei relatore al provvedimento, Davide Tripiedi, "ormai è il partito della demolizione dei diritti dei lavoratori".
Sono i 5 Stelle, ribatte il Pd, a "prendere in giro i lavoratori" perché "promettono un aumento dell'indennità di licenziamento ma lasciano aperta una via di fuga per il datore che - attacca Debora Serracchiani - con le loro norme pagherà molto di meno conciliando, prima che il giudice condanni. Questo è un gioco delle tre carte che il Pd intende far saltare chiedendo l'aumento dell'indennità di conciliazione".
Il testo del decreto porta, in caso di licenziamento illegittimo, le mensilità minime di risarcimento da 4 a 6 e quelle massime da 24 a 36. Con la conciliazione il minimo è 2 e il massimo è 18 mensilità, e i Dem su questo punto chiedono invece di passare a 3 e 27. Ma, e sono gli emendamenti 'incriminati', ci sono anche proposte per sopprimere tout court il tema degli indennizzi o comunque per ritoccare solo il tetto massimo che l'ex ministro Dem Cesare Damiano chiede al suo partito di ritirare perché, appunto, così "diamo l'immagine di un partito attento solo ai problemi delle imprese".