Le dimissioni con una lettera al premier: "Certa della mia buona fede". Fonti della maggioranza: "Gravissimo che Federica non ci abbia detto chi era e che cosa faceva il fidanzato"
Il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi si dimette con una lettera al premier dopo la diffusione della notizia delle indagini sul compagno, Gianluca Gemelli, e di un'intercettazione che la coinvolge su un emendamento "sospetto". "Caro Matteo sono certa della mia buona fede e della correttezza del mio operato. Credo tuttavia necessario, per una questione di opportunità politica, rassegnare le mie dimissioni da incarico di ministro".
"Continuerò come cittadina e come imprenditrice - si conclude lo scarno comunicato del ministro Guidi - a lavorare per il bene del nostro meraviglioso Paese".
Ma il premier, furioso dopo aver saputo i dettagli del caso, definisce il ministro "indifendibile". E fonti di maggioranza sottolineano che "è gravissimo che Federica non ci avesse detto chi fosse e che cosa facesse il fidanzato": così, da Palazzo Chigi si è fatto capire alla titolare del Mise che avrebbe dovuto rassegnare tempestivamente le dimissioni.
Poi, in una dichiarazione pubblica, Renzi si è rivolto alla Guidi dicendo di aver "molto apprezzato il tuo lavoro di questi anni. Serio, deciso, competente. Rispetto la tua scelta personale sofferta, dettata da ragioni di opportunità che condivido: procederò nei prossimi giorni a proporre il tuo successore al capo dello Stato".
Gemelli, da parte sua, si è dimesso dalla carica di commissario di Confindustria di Siracusa. Il compagno del ministro si è comunque detto "estraneo ad ogni condotta illecita" e ha "chiesto al Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Potenza di poter chiarire la mia posizione". Gemelli ha quindi espresso "piena fiducia nel lavoro dei magistrati che ritengo essere in questa fase i miei unici interlocutori".
Nell'inchiesta, che ha portato a 6 arresti e al blocco della produzione dell'Eni in Val D'Agri come conseguenza di due sequestri nel centro oli di Viggiano, la Guidi non è iscritta agli atti, mentre il fidanzato Gianluca Gemelli risulta indagato. Ma a far scattare le dimissioni è stata una telefonata tra i due, in cui il ministro si impegna a far approvare un emendamento per sbloccare un impianto in località Tempa Rossa, nel Potentino.
L'intercettazione al centro della bufera risale a fine 2014: "E poi dovremmo riuscire a mettere dentro al Senato, se è d'accordo anche Maria Elena, quell'emendamento che mi hanno fatto uscire quella notte, alle quattro di notte", dice la Guidi al compagno. Il ministro si riferisce a un emendamento che il governo stava per inserire nella legge di stabilità relativo ai lavori per il centro oli della Total in contrada Tempa Rossa, a Corleto Perticara nel Potentino. Allo sblocco di quei lavori Gemelli stesso, che guida due società del settore petrolifero, ha interesse. La "Maria Elena" citata è ovviamente il ministro per le Riforme Boschi. Subito dopo aver parlato con la Guidi, Gemelli telefonò a un dirigente di una società petrolifera e lo informò dell'emendamento, già bocciato una volta, per "sbloccare Tempa Rossa: la chiamo - dice - per darle una buona notizia".
L'inchiesta dei magistrati di Potenza riguarda lo smaltimento illecito di rifiuti nel centro oli dell'Eni di Viggiano e casi di corruzione per la costruzione del centro oli della Total a Corleto Perticara. Sono circa sessanta le persone indagate (Gemelli per concorso in corruzione e per millantato credito), sei agli arresti domiciliari.
"E' riduttivo parlare di un reato di ecomafie perché qui non vi sono i tradizionali mafiosi con le coppole ma si tratta di criminalità organizzata su basi imprenditoriali", dice il Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti. Emergono, spiega, "meccanismi truffaldini" che hanno portato a un "risparmio illecito" annuo tra i 44 e 110 milioni.