L'ex vicepresidente della Regione, dopo la contestazione del M5S, ribadisce: "Non fuggo, sono estraneo a tutte le accuse"
"Non fuggo, ma affronterò la sfida, seconda solo alla morte, nei luoghi affidatimi dagli elettori". L'ex vicepresidente della Lombardia Mario Mantovani, indagato per tangenti, ha spiegato di voler rimanere consigliere regionale "per dignità e rispetto degli elettori". Dopo le contestazioni del M5s l'esponente di Forza Italia, in aula, ha ribadito di essere innocente: "Nulla è passato in giudicato - ha detto -, io sono estraneo a tutte le accuse mosse".
Mantovani, che è accusato di concussione, corruzione e turbativa d'asta, è stato reintegrato in Consiglio Regionale dopo la recente scarcerazione, dovuta "non a un cavillo", come ha tenuto a dire lui stesso in aula. Nei cinque minuti concessi dal presidente Raffaele Cattaneo, l'ex vicegovernatore ha invitato soprattutto a tutelare il "principio costituzionale della presunzione di innocenza", citando numeri sulle ingiuste detenzioni registrate dal sistema italiano: "Possibile - si è chiesto - che la politica non impari mai dagli errori?".
Sul piano personale, ha spiegato Mantovani, "ero incerto fino a stamattina su quale fosse la scelta giusta da fare: dopo aver ascoltato amici e parenti, ho ritenuto di dar retta alla mia coscienza". "Essere stato reintegrato - ha continuato - potrebbe apparire come una prima vittoria, ma non è così. I cittadini hanno bisogno di verità e la verità è che io, da imprenditore, mi sono messo a disposizione per il bene del Paese". Anche per questo, ha proseguito nel suo discorso l'esponente di Fi, occorre difendere "una carica a cui il popolo sovrano mi ha legittimamente eletto".
In conclusione Mantovani ha sostenuto di aver ricevuto, durante il suo mandato, "migliaia" di telefonate da amministratori di ogni colore politico: "Li invito a rivolgersi agli organi competenti se mai il mio comportamento sia stato illegittimo".