Il premier ha pronto il "piano B" se Bruxelles non apre subito sulle quote. Accelerare i rimpatri di chi non arriva da Paesi in guerra e spingere sulle quote europee
© agenzia
Se l'Europa non ci ascolta sui migranti, l'Italia "ha un piano B". Lo afferma Matteo Renzi in una lunga intervista al Corriere della Sera. Il premier, in tema di politica interna, aggiunge che il governo va avanti fino al 2018, visto che "al Senato i numeri sono più solidi del passato". E ancora, "Il Pd non può mai aver paura delle elezioni, mai". E a Salvini dice: in tema di immigrazione, basta dire di sparare al primo che passa.
Renzi è pronto a giocarsi il tutto per tutto sul fronte immigrazione e fa pressing su Bruxelles con l'obiettivo di ottenere un accordo su quote e redistribuzione. "Se il Consiglio europeo non sceglierà la solidarietà abbiamo pronto un piano B. Ma sarebbe una ferita innanzitutto per l'Europa", è la sorta di ultimatum lanciato da Renzi.
E alle sue parole fanno seguito quelle del ministro dell'Interno Angelino Alfano, che sottolinea: "
E alle sue parole fanno seguito quelle del ministro dell'Interno Angelino Alfano, che sottolinea: "se l'Europa non sarà solidale, si troverà di fronte un'Italia diversa, non accetteremo un'Europa egoista". Il titolare del Viminale non rivela il piano B che il governo avrebbe in serbo se il negoziato in Europa fallisse. Ma sono almeno due le ipotesi alle quali il governo potrebbe affidarsi nei prossimi giorni.
Accelerare i rimpatri di chi non è profugo politico - La prima, che vede peraltro Bruxelles sullo stesso binario, è quella di una stretta sui rimpatri dei migranti economici illegali. Un punto sul quale anche l'Ue vuole un'accelerazione prevedendo la "mobilitazione di tutti gli strumenti possibili" e la "velocizzazione nei negoziati anche con i Paesi Terzi". I rimpatri necessitano di accordi internazionali con i Paesi d'origine dei migranti (l'Italia ha firmato trattati bilaterali con Tunisia, Marocco, Nigeria ed Egitto). E, soprattutto, hanno costi piuttosto elevati. Per questo, la richiesta di una stretta dovrà essere accompagnata da quella di un sostegno economico, sia nelle operazioni coordinate da Frontex sia in quelle nazionali.
Rivedere gli accordi di Dublino - L'altro snodo - quello più delicato - è invece quello del Regolamento di Dublino III e del suo punto più contestato, quello che affida la competenza all'esame della domanda di asilo allo Stato di primo approdo. La portata della messa in discussione del regolamento potrebbe variare a seconda dell'atteggiamento dei Paesi Ue: ad una persistenza di un blocco verso la redistribuzione dei migranti si potrebbe rispondere anche con una plateale e annunciata non applicazione del Regolamento. E c'è chi, come un parlamentare renziano, va addirittura oltre e si chiede, provocatoriamente, cosa accadrebbe se le navi italiane dirigessero i barconi non più verso i porti italiani ma verso quelli francesi.
Lavorare sulle quote automatiche - La sensazione, comunque, è che l'Italia in queste ore stia innanzitutto lavorando al "piano A", a partire dal punto della redistribuzione dei 24mila richiedenti asilo eritrei e siriani arrivati dopo il 15 aprile. Una cifra che il sottosegretario alle Politiche Ue Sandro Gozi giudica "non sufficiente" laddove Alfano sottolinea la necessità di una redistribuzione basata "su un meccanismo automatico" e non su "un numero fisso".
Rompere il muro degli anti europeisti - Ma l'accordo, se ottenesse la maggioranza qualificata al Consiglio Ue, superando così un blocco che non riguarda solo i Paesi dell'Est, sarebbe comunque un punto d'inizio, sulla cui applicazione "non sono concepite dilazioni", sottolinea Gozi. E negli ambienti di governo non regna il pessimismo anche perché, dal 1 luglio, la presidenza del Consiglio Ue passerà dalla Lettonia (tra i Paesi più fermamente contrari all'obbligatorietà della redistribuzione) al Lussemburgo, che viaggia, invece, sullo stesso binario italiano. Un binario sul quale l'Ue si gioca la sua identità contro forze anti-europee che avanzano un po' dappertutto, è il concetto ribadito anche oggi dal premier, che prima del Consiglio Ue incontrerà le Regioni, incluse quelle Lombardia e Veneto che nei giorni scorsi hanno aperto il fronte del Nord.">Se l'Europa non sarà solidale, si troverà di fronte un'Italia diversa, non accetteremo un'Europa egoista". Il titolare del Viminale non rivela il piano B che il governo avrebbe in serbo se il negoziato in Europa fallisse. Ma sono almeno due le ipotesi alle quali il governo potrebbe affidarsi nei prossimi giorni.
Accelerare i rimpatri di chi non è profugo politico - La prima, che vede peraltro Bruxelles sullo stesso binario, è quella di una stretta sui rimpatri dei migranti economici illegali. Un punto sul quale anche l'Ue vuole un'accelerazione prevedendo la "mobilitazione di tutti gli strumenti possibili" e la "velocizzazione nei negoziati anche con i Paesi Terzi". I rimpatri necessitano di accordi internazionali con i Paesi d'origine dei migranti (l'Italia ha firmato trattati bilaterali con Tunisia, Marocco, Nigeria ed Egitto). E, soprattutto, hanno costi piuttosto elevati. Per questo, la richiesta di una stretta dovrà essere accompagnata da quella di un sostegno economico, sia nelle operazioni coordinate da Frontex sia in quelle nazionali.
Rivedere gli accordi di Dublino - L'altro snodo - quello più delicato - è invece quello del Regolamento di Dublino III e del suo punto più contestato, quello che affida la competenza all'esame della domanda di asilo allo Stato di primo approdo. La portata della messa in discussione del regolamento potrebbe variare a seconda dell'atteggiamento dei Paesi Ue: ad una persistenza di un blocco verso la redistribuzione dei migranti si potrebbe rispondere anche con una plateale e annunciata non applicazione del Regolamento. E c'è chi, come un parlamentare renziano, va addirittura oltre e si chiede, provocatoriamente, cosa accadrebbe se le navi italiane dirigessero i barconi non più verso i porti italiani ma verso quelli francesi.
Lavorare sulle quote automatiche - La sensazione, comunque, è che l'Italia in queste ore stia innanzitutto lavorando al "piano A", a partire dal punto della redistribuzione dei 24mila richiedenti asilo eritrei e siriani arrivati dopo il 15 aprile. Una cifra che il sottosegretario alle Politiche Ue Sandro Gozi giudica "non sufficiente" laddove Alfano sottolinea la necessità di una redistribuzione basata "su un meccanismo automatico" e non su "un numero fisso".
Rompere il muro degli anti europeisti - Ma l'accordo, se ottenesse la maggioranza qualificata al Consiglio Ue, superando così un blocco che non riguarda solo i Paesi dell'Est, sarebbe comunque un punto d'inizio, sulla cui applicazione "non sono concepite dilazioni", sottolinea Gozi. E negli ambienti di governo non regna il pessimismo anche perché, dal 1 luglio, la presidenza del Consiglio Ue passerà dalla Lettonia (tra i Paesi più fermamente contrari all'obbligatorietà della redistribuzione) al Lussemburgo, che viaggia, invece, sullo stesso binario italiano. Un binario sul quale l'Ue si gioca la sua identità contro forze anti-europee che avanzano un po' dappertutto, è il concetto ribadito anche oggi dal premier, che prima del Consiglio Ue incontrerà le Regioni, incluse quelle Lombardia e Veneto che nei giorni scorsi hanno aperto il fronte del Nord.
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