La norma è passata con 161 sì, 3 no e 5 astensioni. Lega, M5S, Forza italia e Sel non hanno votato ma si rompe il fronte delle opposizioni
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Caos in Senato dopo l'approvazione dell'articolo 21 del disegno di legge Boschi sulle modalità di elezione del Capo dello Stato. I sì sono stati 161, i no 3, gli astenuti 5. Lega, M5s, Forza Italia e Sel non hanno partecipato al voto. Si tratta di uno dei pilastri del ddl, su cui non c'era ancora accordo con la minoranza del Pd, che invece ha votato il testo. Divise le opposizioni: la Lega ha accusato Fi di fare la "stampella" della maggioranza.
Mercoledì mattina il Senato ha approvato quattro articoli, respingendo tutti gli emendamenti delle opposizioni. Ma la seduta era iniziata con dei numeri che fotografavano una certa tensioni nella maggioranza: questa, infatti, nel primo scrutinio si è attestata a 144 voti, circa venti in meno del solito.
Pd e opposizioni lacerati - Prima della seduta c'era stata una riunione interna al Pd in cui non c'era stato un accordo su due punti importanti: l'articolo 21, sull'elezione del Presidente della Repubblica, e le norme transitorie sull'elezione del futuro Senato. Ma anche le opposizioni, che si erano riunite nella sala Koch di palazzo Madama, non si sono messe d'accordo se mandare tutte insieme una lettera di protesta al presidente Mattarella.
Ma ecco che la dinamica d'aula ha cambiato l'andamento della giornata, su un emendamento di una senatrice della minoranza Dem (Nerina Dirindin). Al "no" del Pd annunciato da Anna Finocchiaro, 14 senatori della minoranza interna non si sono adeguati, controbilanciato però da 28 senatori di Fi, a partire dal capogruppo Paolo Romani, che hanno votato assieme alla maggioranza.
Lega: Fi stampella di Renzi - Gli altri gruppi di opposizione hanno espresso tutto il loro malumore, tanto che l'idea di una missiva comune al Quirinale è saltata (Fi ne invierà comunque una propria, mentre M5s ha chiesto un incontro a Mattarella), e in aula prima Cinzia Bonfrisco, capogruppo dei Conservatori, e poi Gianmarco Centinaio, capogruppo della Lega, hanno attaccato a testa bassa Fi, definita "stampella di Renzi". Romani ha insistito che la scelta di Fi ha riguardato il "merito" dell'emendamento e non è stata dettata da "un esasperato tatticismo".
Accordo governo-minoranza Pd - Se dunque le opposizioni si sono divise, ecco che nel primo pomeriggio, durante la pausa pranzo, governo e minoranza del Pd hanno raggiunto l'accordo: niente modifiche all'articolo 21 sull'elezione dell'inquilino del Quirinale, e accettazione delle richieste di interventi sulla norma transitoria, all'articolo 39 (che sarà votato nei prossimi giorni).
Nel pomeriggio si è cominciato a discutere sull'articolo 21, ma a sorpresa Gaetano Quagliariello e Pierferdinando Casini hanno chiesto modifiche al testo. Il quorum elevato richiesto (dal settimo scrutinio occorrono i tre quinti dei votanti), hanno spiegato, rischia di mettere nelle mani delle opposizioni tali elezioni, e di bloccare il Parlamento. La loro richiesta di una "norma di chiusura" non è stata ascoltata, tanto che Quagliariello e il suo collega di Ncd Andrea Augello, non hanno partecipato al voto, come pure tutte le opposizioni, con la Lega che ha addirittura abbandonato i lavori e Sel che ha ritirato tutti gli emendamenti ai successivi emendamenti "per frustrazione", come ha spiegato Loredana De Petris.
Passano le nuove norme - Alla fine le nuove norme sull'elezione del Presidente della Repubblica sono passate con 161 (3 i no e 5 gli astenuti), cioè oltre la quota di sicurezza dei 160. Giovedì pomeriggio il Senato esaminerà la riforma del Titolo V, cioè l'assetto federale dello Stato.