Un'associazione Onlus

La scuola dei "Maestri di Strada" tra i banchi e le vie delle città

Un'associazione di professionisti ed educatori lavora sul territorio nazionale per promuovere e facilitare la partecipazione di tutte le realtà sociali alla vita scolastica. Tgcom24 ha intervistato tre anime del progetto

01 Lug 2014 - 10:44
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Dicono di sentirsi come degli alpinisti: le asperità della roccia non sono un ostacolo ma il loro punto d'appoggio. Sono i Maestri di strada, ormai da anni presenti sul territorio per fronteggiare la dispersione scolastica, un fenomeno di cui si parla poco ma che unisce tristemente l'Italia, da Nord a Sud. Mancanza di buona volontà, disagio sociale, povertà, immigrazione e criminalità convivono tra i banchi e contribuiscono a creare "cluster" di giovani studenti che vivono situazioni di difficoltà e svantaggio. L'alpinista più attivo è il presidente dell' Associazione Maestri di Strada Onlus, Cesare Moreno, che con due suoi collaboratori, Francesco Bitonti e Gabriella Papadopoli, ha raccontato a Tgcom24 la sua esperienza di educatore in una "scuola della seconda opportunità".

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Cesare è un maestro "con i sandali ai piedi" che, nonostante la mancanza di finanziamenti, mezzi e strutture a tutela di realtà socio-scolastiche problematiche, non ha mai smesso di credere nella sua "missione". Insieme ad altri volontari ed educatori, inizia a concretizzare l'idea di una "seconda scuola" fondando nel 2003 l'Associazione Maestri di Strada Onlus. Una donazione dall'allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, contribuisce inizialmente a sostenere anche il "Progetto Chance", un programma di inclusione sociale e recupero scolastico di giovani residenti nei quartieri periferici di Napoli.

Niente più campanelle, ci racocnta Cesare, niente più orari nè cattedre: si sperimenta una nuova figura di insegnante indipendente, "itinerante", capace di inventare e costruire una relazione educativa che cominci dalla strada e finisca in classe. Non saranno più i voti a essere valutati bensì la partecipazione, l'impegno e la presenza di tutti quegli studenti che per vari motivi avevano avvertito fino ad allora un senso di rifiuto e straniamento nei confronti dell'istituzione scuola.

Dal 1998 al 2006 tra i banchi di Chance si intrecciano così le storie di 523 ragazzi, le attività di Cesare e dei suoi collaboratori ottengono immediati successi ma nel 2009 le istituzioni abbandonano il progetto e l'associazione Maestri di Strada si rinnova completamente iniziando a finanziarsi con risorse private. Lo stesso Moreno diventa presidente dell'Associazione e reinventa il suo cammino accogliendo educatori, giovani laureati nelle discipline umanistiche e sociali, volontari e operatori che fino ad oggi contribuiscono a prevenire la dispersione scolastica e a promuovere la cittadinanza dei giovani.

I “dispersi” di cui si occupano i maestri di strada sono ragazzi tra i 14 e i 18 anni in fuga dalla scuola dopo essere stati bocciati o addirittura espulsi perché ritenuti non contenibili nel contesto scolastico. Francesco Bitonti, uno dei "papà sociali" attivi sul territorio di Cosenza, si trova quotidianemente di fronte a giovani che hanno alle spalle famiglie “problematiche”: "Ci sono casi in cui il padre o il fratello si trova in galera, ci sono rom, stranieri e italiani ripetenti ma anche casi di violenza e di ragazze in gravidanza", ci ha detto. Quelle di cui ci parla Francesco sono giovani vite segnate da storie di fallimenti e di disagio scolastico, familiare e personale; sono gli ultimi della classe, i perdenti, sono adolescenti depressi o aggressivi, magari cresciuti troppo in fretta ma che emotivamente a volte appaiono più piccoli della loro età anagrafica. A queste difficoltà obiettive spesso si aggiungono una forte identità di quartiere e un legame problematico con il gruppo dei pari. A tutti questi ragazzi, i maestri di strada non offrono solo una seconda opportunità per raggiungere il diploma di terza media, ma soprattutto un motivo di riscatto sociale.

In questi anni di attività e collaborazione con l'Associazione, Francesco ha dovuto imparare quanto sia importante e difficile allo stesso tempo contenere fenomeni di violenza, stabilire contatti con i ragazzi e mediare con le rispettive famiglie e figure istituzionali: "Il profilo dell'educatore è incerto, deve lavorare a fianco degli insegnanti non sulla disciplina bensì sulla motivazione dell'adolescente. Deve fungere da "tutor" e da osservatore fuori e dentro l'aula, deve cercare di costruire un legame di fiducia con i ragazzi, deve cogliere ansie, esigenze preoccupazioni facendo proprio il processo di empowerment (lavoro di comunità)."

Per gestire queste situazioni socio-scolastiche particolarmente impegnative, occorre una grandissima forza che non può essere data solamente dal singolo, ma che necessita del supporto di un team di operatori: ecco perchè i maestri di strada non sono operatori individuali ma "di gruppo". Il loro obiettivo è una didattica che unisca attività laboratoriale e disciplinare, che dia spazio alla parola, all'educazione e anche all'espressione artistica. Per questo motivo l'associazione organizza diverse attività extracurriculari che possano tenere impegnati i giovani drop-out .

Gabriella Papadopoli, collaboratrice dell'Associazione nel comune lombardo di Rozzano e maestra di strada "convinta", ci ha raccontato la sua esperienza in una realtà più "multietnica" rispetto al sud e ha sottolineato in particolare l'esigenza di formare una "comunità di pensiero" in continuo apprendimento: "Bisogna interrogarsi sempre su come e perchè agire, dove e quando fare, cosa vuol dire essere un insegnante "sufficientemente buono", ha detto. La scuola che si dichiara "per tutti" ma non riesce ad essere "per ciascuno" infatti, non fa altro che alimentare il fenomeno della dispersione. Il rapporto di fiducia, complicità ed empatia con i ragazzi si riesce a instaurare solo se il maestro investe passione e cuore in un percorso positivo da fare insieme; è una vera e propria scelta di vita.

In una società che rimane indifferente al diverso per razza, all'ultimo per casta, al meno fortunato per destino, l'attività dei maestri di strada vuole essere proprio una chance, un'opportunità, una possibilità diversa dalle istituzioni che chiama in causa un'altra dimensione: l'affettività come risorsa educativa positiva in grado di promuovere l'apertura di possibilità comunicative e relazionali autentiche tra i soggetti coinvolti.

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