LA PROPOSTA

Niente tasse universitarie? Per tanti la laurea è già (quasi) gratis

La proposta con cui Pietro Grasso ‘promette’ l’abolizione totale delle tasse d’iscrizione è certamente una notizia. Ma, analizzando le ultime riforme, più che una rivoluzione sembra un processo già in atto

08 Gen 2018 - 18:36
 © dal-web

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“Aboliremo le tasse universitarie”. Così su due piedi la proposta lanciata dal presidente del Senato, Pietro Grasso, durante la conferenza programmatica nazionale di ‘Liberi e Uguali’ (la nuova formazione politica con cui si candiderà alle prossime elezioni) sembra qualcosa di clamoroso. Ma siamo sicuri che sia una notizia davvero rivoluzionaria? Non proprio visto le ultime riforme come lo 'Student Act' e il numero delle iscrizioni, che si è ridotto, e indurrà a una diminuzione della retta.

Tasse universitarie, Italia ancora tra i Paesi più cari - Ma partiamo dal primo punto: alla luce di quanto sta avvenendo in Italia negli ultimi anni – con il numero degli iscritti altalenante e le difficoltà economiche delle famiglie – è quasi nell’ordine naturale delle cose che anche da noi si dovrà andare verso la totale (o quasi) abolizione delle rette universitarie. Limitando il pagamento alle fasce di popolazione con i redditi più alti. Secondo l’ultimo rapporto Eurydice, l’Italia è ancora tra gli otto Paesi (sui 42 esaminati) con le tasse più alte (tra i mille e i tremila euro di media). Da noi, inoltre, oltre il 90% degli studenti è costretto a versare qualcosa agli atenei. E solo il 9% accede a qualche forma di borsa di studio. Una situazione non più sostenibile che, invece, altrove è esattamente capovolta. Ma le cose pare stiano improvvisamente cambiando.

Germania e Scandinavia: qui laurearsi è quasi a 'costo zero' - In questo senso i Paesi della Scandinavia sono un faro illuminante. Svezia, Norvegia, Finlandia e Danimarca, infatti, non applicano alcuna forma di tassazione a tutti gli studenti comunitari. Per gli extra Ue, invece, le università possono applicare costi a volte molto alti (dai 6mila ai 16mila euro per un corso di laurea, fino a 35mila per i corsi di specializzazione). Tra le grandi Nazioni, adottano una filosofia simile anche l’Austria (zero tasse per gli ‘europei’, circa 700 euro a semestre per gli altri) e la Repubblica Ceca (esonero per tutti, ma legato soprattutto al merito, al rendimento negli studi). In Grecia l’università è gratis per le lauree triennali ma può diventare a pagamento per le magistrali). La Germania, però, batte tutti: università a costo zero per tutti (cittadini UE e non), a meno che non si finisca fuori corso.

Solo il Regno Unito peggio dell’Italia: per le lauree magistrali è un salasso - Ma anche dove si paga, non è detto che i costi a carico delle famiglie siano alti. In Francia, ad esempio, con meno di 200 euro l’anno si saldano le tasse per una triennale; per una specialistica ne occorrono poco più di 250; a cui vanno aggiunti 213 euro per la copertura previdenziale. A salire, troviamo la Spagna dove se ci si vuole iscrivere a un corso triennale si dovrà affrontare una spesa annuale che va dai 700 ai 2mila euro, che diventano circa 4mila per la magistrale. Accade più o meno lo stesso in Portogallo e nei Paesi Bassi. Solo nel Regno Unito il quadro cambia radicalmente: per i ragazzi inglesi (e per quelli residenti in Galles) prendere un titolo accademico può arrivare a costare anche 11mila euro annui (ancora più caro per gli studenti stranieri, a maggior ragione dopo la Brexit). In Scozia, invece, il salasso inizia dalle magistrali (si spendono, in media, 5mila euro all’anno). Niente in confronto a quanto avviene in Irlanda: per una laurea di secondo livello si deve essere pronti a sborsare fino a 30mila euro.

Diritto allo studio, la ‘no tax area’ abolisce la retta universitaria - E in Italia? Come detto, la media delle tasse universitarie è di poche migliaia di euro. Comunque tanti. Gli atenei, però, già da tempo prevedono alcune forme di agevolazione per determinate categorie di iscritti: ad esempio per quelli che ottengono ‘cento’ (in alcuni casi basta 95) alla maturità o il cui ISEE (l’indicatore della situazione economica equivalente, in poche parole il reddito famigliare) è così basso da spingere l’università a richiedere solo una somma minima. Ma la cosiddetta ‘no tax area’, introdotta proprio da quest’anno accademico 2017/2018, sembra destinata a stravolgere ulteriormente la situazione. La norma, infatti, prevede l’esonero totale dal pagamento delle tasse universitarie per quegli studenti con ISEE pari o inferiore a 13mila euro: dal primo anno indistintamente per tutti, dal secondo valutando anche il merito (numero minimo di crediti conseguiti).

Con lo ‘Student Act’ per molti studenti l’università è già conveniente - In più, se l’ISEE supera i 13mila euro ma si mantiene entro i 30mila euro, la cifra da pagare non potrà superare il 7% della differenza tra l’Indicatore e i 13mila euro. Limitando, di fatto, l’esborso a cui erano abituati i ragazzi che decidevano di prendere una laurea. A cui vanno aggiunti ‘ammortizzatori sociali’ – sotto forma di Borse di studio - per le famiglie con più figli a carico, per i portatori di handicap, per chi si trova in ristrettezze economiche. Un fondo che, rispetto all’anno scorso, è cresciuto di 68milioni di euro (arrivando a 217 milioni di euro per il 2017/2018). Mettendo a sistema tutti gli elementi elencati sinora si può arrivare alle seguenti conclusioni: attualmente già 1 studente su 3 rientra nella ‘no tax area’, molti altri stanno risparmiando grazie ai nuovi parametri di calcolo delle rate, una discreta percentuale può accedere alle Borse di studio.

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