Il terzo capitolo è il migliore dei tre ma al regista inglese sembra interessare poco Batman
© Warner Bros.
Il Cavaliere Oscuro è ritornato. Per andarsene definitivamente. Nessuno spoiler sul finale, ma se Christopher Nolan non tornerà sui propri passi, con la trilogia si conclude anche la sua incursione nel regno dell'uomo pipistrello. Un'incursione difficile da dimenticare perché in questi tre capitoli il regista inglese ha realizzato una rilettura completa del personaggio, spogliandolo tanto dei tratti più gotici alla Tim Burton, quanto di quelli fumettosi e pop caratteristici della serie tv degli anni 60 e delle peggiori riduzioni cinematografiche (chi non ha visto "Batman e Robin" con George Clooney si ritenga fortunato).
Come per contrappasso, nel momento in cui si è avvicinato a un personaggio di fantasia Nolan ha messo (parzialmente) da parte la sua passione per l'onirico e il fantastico ancorando il più possibile Batman alla realtà e persino all'attualità, accentuando questa volontà nel corso dell'opera. Ora Gotham ricorda in maniera smaccata New York e in particolare Manhattan ed è ripresa quasi costantemente di giorno. Mentre la Catwoman di Anne Hathaway mantiene del personaggio originario solo la doppiezza e la tensione erotica con Batman, per il resto è privata di qualsiasi tratto felino. Anche il cattivo di turno, il mastodontico Bane, giubbotto di pelle e pantaloni militari, perde ogni connotazione da supervillain per incarnare la figura di un qualsiasi terrorista uscito da un film di Bruce Willis, giusto con un che di originalità dato dal respiratore in stile Darth Vader. Lo stesso Batman non è il pipistrello che si muove solitario nell’ombra, ma un "soldato" attivo alla luce del sole, a fianco degli altri.
Se qualcuno cerca in questo Batman il divertimento leggero da fumettone adolescenziale, sul genere dello Spider-Man post Sam Raimi, farà meglio tenersi alla larga. A Nolan quello non interessa, come in fondo sembra interessargli poco parlare di Batman. Questo è un film su Bruce Wayne. È lui il vero protagonista, sue sono le debolezze che emergono, suoi i dolori, sua la forza di volontà necessaria a rialzarsi. Il limitato uso di gingilli e bat-gadget dimostra come, anche una volta indossata la corazza del supereroe, sia Wayne a mettersi in gioco: un aereo ultramoderno, la solita bat-mobile e la bat-moto, ma per il resto grandi cazzotti più o meno come in un film di Bud Spencer e Terence Hill. Al punto che la Gatta arriva a tirargli le orecchie per la sua troppo rigida morale "niente armi".
Anche qui lo zampino di Nolan è evidente. Siamo nel campo supereroistico e non in quello della filosofia ma si preferiscono lunghi dialoghi a effettoni speciali, la sottolineatura della colonna sonora allo stupore per la computer grafica, l'alta definizione della tecnologia di ripresa Imax al dilagante 3D. È tutto in linea con un'idea di cinema dove si mescolano citazioni filmiche e richiami alla cronaca recente. La City presa d’assalto, i trader di Borsa sbeffeggiati da Bane e trattati alla stregua di speculatori che affamano la popolazione, la rivoluzione che scoppia improvvisa e irrazionale, come in un moderno Terrore Robespierriano con tanto di tribunali speciali istituiti per far piazza pulita del potere politico ed economico-finanziario, per poi deflagrare in uno scontro corpo a corpo nelle strade tra eserciti armati (poco) che si affrontano come fossimo ne "Il Signore degli Anelli".
Chi si giova del faro su Wayne è ovviamente Christian Bale, che sembra prendersi la rivincita dopo che nel secondo film era stato oscurato dal Joker di Heath Ledger (e dall'attenzione scatenata dalla morte dell'attore a pochi mesi dall’uscita del film). Tra quello è un villain risibile e sgangherato come lo Scarecrow di "Batman Begins", Bane rappresenta la giusta via di mezzo, feroce e intelligente ma allo stesso tempo umano come Batman-Wayne, e quindi in grado di creare equilibrio con il suo oppositore.
A fronte di un'idea di fondo semplice e non certo inedita (la città messa in pericolo dalla minaccia di una bomba nucleare), quello messo in piedi da Nolan e da suo fratello Jonathan (co-autore della sceneggiatura) è un impianto corposo e complesso, ricco di sottotrame, che cresce con tensione costante sino ad arrivare ai colpi di scena finali, anticipati, come accadeva in "The Prestige", da piccoli indizi disseminati lungo il percorso. Una simile struttura ingloba pregi e difetti. Perché presta il fianco a qualche buco di credibilità, salti temporali ingiustificati e a inevitabili superficialità su alcuni elementi chiave per arrivare a sciogliere tutti i nodi nell'arco di una durata accettabile (ma pur sempre eccessiva, visto che si sfiorano le tre ore). Resta però un trattamento tutt'altro che banale dei personaggi, compresi quelli di contorno, e una soddisfacente coerenza nel dare le risposte necessarie a chiudere il quadro. Fino alla prossima puntata, perché, senza Nolan e senza Bale, ma un futuro Batman ci sarà.