dubbi da risolvere

Attentato a Trump: tutto quello che "non torna"

I servizi segreti da una parte e la polizia di Butler, in Pennsylvania, dall'altra

di Paola Nurnberg
16 Lug 2024 - 13:46
01:40 

Aleggia un pesante imbarazzo mentre si rimpallano le accuse gli addetti alla sicurezza di Donald Trump dopo l'attentato di sabato scorso. I servizi segreti da una parte e la polizia di Butler, in Pennsylvania, dall'altra.

L'America si chiede come sia stato possibile e ha bisogno di un responsabile. Che l'attacco si potesse prevenire è stato chiaro sin da subito, diversi testimoni avevano indicato quel giovane, Thomas Crooks, salito sul tetto di un capannone con un fucile a meno di 130 metri dal bersaglio. Un'area che non era stata bonificata, tant'è vero che un poliziotto, avvertito dal pubblico, era andato a vedere, ma vedendosi minacciato si era allontanato. È mancata la coordinazione tra chi doveva occuparsi di Trump, o si sono sottovalutati i rischi? 
E perché i cecchini, che avevano la visuale su tutta l'area, non hanno individuato l'assalitore, che era di fronte a loro?

Ci sono poi anche quegli 81 secondi seguiti allo sparo, durante i quali gli uomini della sicurezza sono sopra l'ex presidente con una foga tale che lui resta a piedi nudi. Lo si sentirà infatti ripetere "let me get my shoes, fatemi prendere le scarpe". Poi, viene sollevato per essere portato via, restando però ancora esposto ad altri potenziali sparatori.

La polizia sostiene che i più alti in grado nella catena di comando fossero i servizi segreti guidati da Kimberly Cheatle, ora nell'occhio del ciclone. In un'intervista la direttrice del secret service, accusata di impreparazione e inadeguatezza, ha confermato che la sicurezza di Trump è responsabilità del suo ufficio aggiungendo che per ora non lascerà il posto, come chiedono molti repubblicani. Ma lunedì prossimo dovrà riferire di fronte al Congresso. E questa volta toccherà a lei schivare il fuoco incrociato delle critiche 
 

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