Le motivazioni per la condanna a 8 mesi di reclusione, pena sospesa e non menzione
di Roberto Lamura"Hanno agito per puro calcolo, al fine di salvare il caso Eni-Nigeria" e "hanno utilizzato solo ciò che poteva giovare alla propria tesi, tralasciando chirurgicamente i dati nocivi". Così il presidente della prima sezione del tribunale di Brescia, Roberto Spanò, nelle motivazioni per la condanna a 8 mesi di reclusione - pena sospesa e non menzione - a carico dei pm milanesi Fabio de Pasquale e Sergio Spadaro, accusati di rifiuti di atti di ufficio. Per i giudici, i magistrati hanno tralasciato i documenti prodotti dal collega Paolo Storari, favorevoli alle difese nel processo Eni-Nigeria, che si è chiuso con l'assoluzione di tutti gli imputati. Si trattava - scrive il tribunale - di una fonte qualificata, che De Pasquale e Spadaro hanno volutamente ignorato, considerando quegli atti "ciarpame", ma che in realtà avevano una fondamentale valenza nell'esecuzione e rispetto del "giusto processo".
Si trattava delle chat del maggiore accusatore dei vertici Eni, Vincenzo Armanna, molto valorizzato dai pm milanesi, dalle quali gli accertamenti avevano evidenziato il pagamento di 50mila dollari da parte di Armanna a due testi del processo. Deposizioni falsate, e che secondo Storari, minavano la credibilità di Armanna. Elementi di sicuro valore per le difese. Un'omissione grave per i giudici bresciani "poiché gli imputati hanno deliberatamente taciuto l'esistenza di risultanze investigative...- scrivono - descritte in modo puntuale che non si prestavano a equivoci, né a essere liquidate con supponenza".
Per Nicola Dinoia, difensore dei pm, gli atti erano stati segnalati ai vertici della procura ma non depositati, perché la ricostruzione che fornivano era "sbagliata in fatto e diritto, e nessuna prova era spendibile in nessun senso".