Il fenomeno, nato negli anni '50 secondo gli antropologi, è poi diventato un rituale di umiliazione delle donne in uno spazio e un luogo precisi
di Marco Ventura“Taharrush Gamea”. La 20enne belga Laura Barbier e il suo gruppo di amici sarebbero incappati in questo rituale arabo di assalto sessuale di massa a Capodanno, in Galleria, a Milano. Sarebbe la traduzione in arabo di “molestie di gruppo”. Gamea significa “collettive”.
A spogliare e palpeggiare pubblicamente le donne, con e senza velo, erano deliberatamente i poliziotti anti-sommossa. Clamoroso il caso The blu Bra Girl, una manifestante picchiata e spogliata, lasciata col reggiseno blu e trascinata davanti a tutti. O le due giornaliste occidentali, l’australiana Lara Logan e un’olandese 22enne, sempre in Piazza Tahir. Dall’Egitto alla Germania, è a Colonia nel Capodanno 2015 che esplode il fenomeno: decine di nord-africani, mischiati a un migliaio di persone, molestarono numerose donne. Emersero episodi analoghi a Zurigo, Salisburgo, Helsinky, una prima volta a Milano nel 2022. A Colonia, il tam tam dei social aveva chiamato al “Taharrush Gamea” con frasi choc “Molesta e aggredisci la donna bianca, usala come vuoi”. “Una nuova dimensione del crimine”, la definirono le autorità tedesche. La dinamica segue uno schema: folla, accerchiamento, confusione, assalto... Palpeggiamento, violenza. Una "tradizione" importata, che si consolida.