In Polonia e a Cipro i focolai che stanno causando il contagio e il decesso di migliaia di esemplari. Le cause, i rischi per l'Italia, le probabilità di una nuova pandemia e i farmaci per curare le malattie
Grave pericolo per la salute dei gatti in Europa. La segnalazione viene direttamente da un rapporto dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), pubblicato il 16 luglio, che evidenzia due casi problematici: un focolaio di infezioni da influenza aviaria in Polonia e un'epidemia di peritonite infettiva felina a Cipro. Le due situazioni sono causate da due differenti agenti virali.
Per quanto riguarda l'aviaria in Polonia, la causa scatenante è il ceppo virale A(H5N1). In passato vi sono già stati casi di infezioni sporadiche, ma - sottolinea l'Oms - "questo è il primo report di un elevato numero di gatti infetti in un’ampia area geografica all’interno di un Paese”. Le prime segnalazioni sono arrivate dal National Focal Point della Polonia, che il 27 giugno riportava insoliti decessi di gatti nel Paese. A quel punto sono partite le indagini. All'11 luglio erano stati analizzati 47 campioni, di cui 46 provenienti da gatti e 1 da un caracal (un felino africano) tenuto in cattività. Di questi, 29 erano positivi al virus dell'influenza A(H5N1), un numero pari al 62% del campione. Al 15 luglio i decessi erano nove. La fonte che ha generato il focolaio non è ancora chiara: date le epidemie di aviaria negli allevamenti di pollame e nei volatili selvatici, riportate in gran numero dalla fine del 2021, una possibile causa è il contatto diretto o indiretto con uccelli infetti o con le loro carcasse. In effetti, almeno la metà dei gatti morti in Polonia erano stati nutriti con pollame crudo contaminato. Questa malattia, inoltre, non mette a rischio la salute dei soli gatti: sono stati già colpiti altri mammiferi, come le foche negli Stati Uniti, i visoni d’allevamento in Spagna e i leoni marini in Perù e Cile.
Non è stato finora confermato nessun caso di trasmissione di influenza aviaria da gatto a uomo. Il rischio di contagio è però moderato per i proprietari di gatti e i veterinari. Rischio invece basso per il resto della popolazione polacca. Il Centro di referenza nazionale per l’influenza aviaria e la malattia di Newcastle mette in guardia: “Data l’elevata frequenza con cui questi virus vanno incontro a fenomeni di mutazione, c’è la possibilità che da un serbatoio animale possa originare un nuovo virus per il quale anche la popolazione umana risulta suscettibile, dando modo alla malattia di estendersi a livello globale e provocando quindi una pandemia”.
Secondo uno studio condotto in Italia su un allevamento infetto da aviaria, cinque fra cani e gatti che abitualmente frequentavano quell'azienda avevano sviluppato anticorpi: ciò significa che erano entrati a contatto con la malattia. L'Italia è dunque a rischio, anche in virtù dei numerosi focolai di influenza aviaria ad alta patogeniticità del sottotipo A(H5N1) in allevamenti di pollame industriali e in volatili selvatici. Le regioni più colpite sono Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. In ogni caso, nel nostro Paese non sono stati ancora confermati casi di infezione fra cani e gatti.
L'altra malattia che sta mettendo a rischio la salute dei gatti è la peritonite infettiva felina, una vera e propria epidemia sull'isola di Cipro. Si tratta di una patologia piuttosto comune, causata dal coronavirus felino, un cugino di quello che ha causato la pandemia di Covid-19. Il virus, che colpisce generalmente i cuccioli e i gatti giovani, causa il malfunzionamento degli organi addominali e del sistema nervoso centrale. Fra i sintomi, vi sono febbre, perdita di peso o energia, problemi deambulatori o respiratori, gonfiore addominale e aumento dell'aggressività a causa del dolore. I primi casi sono stati segnalati nella capitale Nicosia già a gennaio, mentre il primo aumento significativo dei contagi è stato riportato agli inizi di giugno.
Pur sviluppandosi in una bassa percentuale dei gatti che entrano a contatto con il virus, la malattia avrebbe già causato la morte di 300 mila esemplari in sei mesi nella sola Cipro. Lo ha dichiarato Dinos Ayiomamitis, capo di Cats Paws di Cipro, che ha stimato la popolazione felina sull'isola a circa un milione di esemplari prima del sorgere dell'epidemia. "Un focolaio di queste dimensioni non è mai stato visto nella storia", sostene Danièlle Gunn-Moore, docente dell'Università di Edimburgo. "Questo nuovo potrebbe essere non solo più infettivo ma anche più mortale dei precedenti". Per questo - come per l'influenza aviaria - c'è una grande preoccupazione circa una possibile diffusione della malattia nel resto d'Europa. Il rischio è che si sviluppi una vera e propria pandemia, che sarebbe decisamente meno controllabile del Covid-19. Aumenti significativi di casi di peritonite infettiva felina sono già stati segnalati in Libano, Turchia e Israele. Per evitare il contagio in altri Paesi, l'Oms suggerisce infatti di sottoporre i felini a test sierologici prima di trasportarli fuori dall'isola, anche se un obbligo legislativo di questo tipo ancora non esiste.
L'unico modo per fermare la peritonite infettiva felina è il trattamento medico. Al momento l'unico farmaco autorizzato per la somministrazione ai felini è il remdesivir, l'antivirale usato anche per il Covid-19 nell'uomo. Le scorte per adesso sono sufficienti, ma i costi di una cura completa sono piuttosto alti: dai 3 mila ai 7 mila euro in media, dato che la somministrazione potrebbe essere necessaria per 12 settimane consecutive. Esiste anche un antivirale più economico, il molnupiravir, usato anch'esso contro il Covid-19. In questo caso la terapia costerebbe solo 200 euro a gatto, ma la richiesta di autorizzazione veterinaria al momento è stata respinta.