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"Mi chiamava mamma", parla la donna di Torino che ha ospitato un terrorista a sua insaputa

Margherita, 66anni, aveva accolto Mouner El Aoual, 29enne marocchino. Per lei "aveva il volto di un bambino". Ma i carabinieri hanno scoperto che stava pianificando un attentato in Italia

26 Apr 2017 - 11:09
 © carabinieri

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“Mi chiamava mamma, mi faceva la spesa e portava fuori il cane”. Questo il racconto di Margherita, una torinese di 66 anni che, insieme al figlio ha accolto in casa Mouner El Aoual, il 29enne marocchino arrestato perché, secondo gli inquirenti, “stava progettando un attacco terroristico in Italia”. “Aveva il viso di un bambino”, prosegue la donna, ma per magistrati e carabinieri è una “persona pericolosa. I suoi amici di internet, legati a lui dalla comune passione per l'Isis e la guerra santa, gli chiedevano di preparare manuali su come confezionare bombe per massacrare gli infedeli, ne ascoltavano i consigli, lo chiamavano Sheikh in segno di rispetto”.

Un personaggio misterioso, Mouner El Aoual, alias Mido, o Ibndawla per i frequentatori della chat “Il Califfato dello Stato islamico”. E’ stato arrestato a Torino per associazione con finalità di terrorismo e istigazione a delinquere aggravata. "Un ragazzo educato e gentile", affermano i vicini. "Un soggetto”, sottolinea il gip, nell'ordinanza di custodia, “capace di vivere in assoluta clandestinità, muovendosi e comunicando senza lasciare alcuna traccia di sè". Per nove anni è stato ospite di una famiglia italiana all’oscuro di tutte le sue frequentazioni sul web. A suo carico era anche stato emesso un provvedimento di espulsione dalla questura di Trieste nel 2012.

A Torino, Mido aveva "conquistato la fiducia di una famiglia" composta da una donna, due volte vedova, e di un venticinquenne che lavora come barista. "Dormiva fuori dalla moschea e non aveva da mangiare”, racconta Margherita, “mio figlio si è intenerito e lo ha portato con noi. Gli avevo arredato una camera e mi ero sistemata a dormire sul divano. Mi ha anche aiutata a fare il trasloco”.

Ma la sua attività principale, secondo gli inquirenti, era attaccarsi al computer, connettersi a una chat ricavata dalla piattaforma “Zello” e, dopo essersi autoproclamato "portavoce ufficiale dello Stato Islamico", discutere, pubblicare notiziari sul conflitto nello Sham, applaudire i gravi fatti di sangue in Ohio, Francia, Germania, augurarsi che i nemici vengano uccisi "come branchi di mucche". "Che Dio lo maledica", dice ora Margherita, che insieme al figlio era ignara di tutto.

Su Mido i carabinieri del Ros indagavano dai primi mesi del 2016: avevano trovato un profilo Facebook intestato a un tale “Salah deen” molto "radicalizzato in senso islamista". A settembre, monitorando la piattaforma “Zello”, l'Fbi scovò “Ibndawla”, riconducibile a un'utenza torinese, e informò le autorità italiane.

Di terrorismo, intanto, ha parlato il ministro dell'Interno Marco Minniti. La risposta a questa minaccia, ha detto, "deve essere all'altezza di prevedere l' imprevedibile. C'è bisogno di più intelligence, prevenzione e capacità di indagine". Ma, spiega il responsabile del Viminale, "se vogliamo prevedere l'imprevedibile l'unica cosa che si può fare è avere il controllo assoluto del territorio. Parola antica ma punto cruciale".

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